Mangiare cibi scaduti in gravidanza: rischi e pericoli

Garantire la sicurezza alimentare durante la gravidanza è un aspetto di primaria importanza. Infatti, consumare alimenti scaduti, contaminati da un’alta concentrazione di alcuni patogeni e da tossine, potrebbe rappresentare un importante pericolo per l’esito della gravidanza.

Che cosa comporta mangiare cibi scaduti

Ribadiamo, sin subito, che dire a priori che cosa possa comportare consumare cibi scaduti in gravidanza non è possibile. Le conseguenze per la salute della gestante dipendono da diversi fattori: a cominciare da quale cibo avariato è stato consumato e dalla natura del patogeno o dei patogeni presenti, dall’eventuale presenza di tossine e, non meno importante, dallo stato di salute della donna. Fortunatamente, nella maggioranza dei casi, il consumo di cibi scaduti si limita alla comparsa di sintomi gastrointestinali fastidiosi ma che non destano particolari apprensioni. I sintomi tendono a scomparire in poche ore e non ci sono particolari ripercussioni. I sintomi che frequentemente si presentano sono:

  • Dissenteria;
  • Crampi allo stomaco e dolore addominali;
  • Debolezza;
  • Nausea;
  • Vomito;
  • Brividi;
  • Febbre.

Purtroppo, in alcuni casi l’ingestione di cibi avariati può provocare infezioni alimentari e intossicazioni alimentari gravi, fino a veri e propri casi di avvelenamenti.

Data di scadenza e termine minimo di conservazione

Tutti i prodotti alimentari confezionati devono essere forniti di un’etichetta alimentare che tra le varie indicazioni deve recare la modalità di conservazione e di utilizzazione. Sulle confezioni del prodotto è possibile trovare due indicazioni principali:

  • La data di scadenza;
  • Il temine minimo di Conservazione (TMC).

È importante comprendere la differenza tra queste due definizioni a tutela della nostra salute ed anche per evitare gli sprechi alimentari. In presenza di prodotti facilmente deperibili come, ad esempio, il pesce fresco, il latte, la carne fresca ecc., la data di scadenza è preceduta da un termine tassativo: “da consumarsi entro il” che definisce un limite temporale al consumo del prodotto alimentare per garantire la sicurezza dei consumatori. Diversamente, la dicitura relativa al termine minimo di conservazione “da consumarsi preferibilmente entro il”, si riferisce a prodotti a lunga conservazione che possono essere consumati anche dopo la data indicata sulla confezione, in quanto non dovrebbero comportare rischi per la salute. Naturalmente, prima vengono consumati e meglio è, ma solo a certe condizioni di conservazione. Difatti, è necessario osservare con attenzione le confezioni degli alimenti prima di aprirle per verificare che siano sigillate e poi, secondariamente, si deve controllare il prodotto una volta aperta la confezione e infine va l’alimento va conservato in maniera opportuno come in frigorifero. Riassumiamo di seguito le principali buone norme a cui attenersi per ridurre il rischio di ingerire cibi contaminati:

  • Controllare che le confezioni siano integre;
  • Il prodotto alimentare non deve avere un colore alterato;
  • Il prodotto alimentare non deve avere un sapore diverso;
  • Il prodotto alimentare non deve avere un odoro diverso/cattivo odore.

Al fine di garantire una maggiore sicurezza per i consumatori, sulla confezione del prodotto alimentare viene precisato che il prodotto, una volta che è stato aperto, ha una specifica indicazione al consumo che è diversa dalla data di scadenza. Inoltre, tutti gli alimenti confezionati sono provvisti di un codice alfa-numerico che specifica con sicurezza il lotto dal quale proviene ciascun alimento preconfezionato. Ciò, consente senza margine di errore di risalire a ritroso all’origine del prodotto, al fine di poter applicare, se necessario, misure più drastiche fino ad arrivare al ritiro dal commercio. Infatti, potrebbe capitare che l’intero lotto possa essere stato contaminato in conseguenza di errori commessi all’origine e/o durante la lavorazione del prodotto o durante il trasporto.

Conservare correttamente gli alimenti

Partiamo dal presupposto che il rischio zero non esiste. Attenersi scrupolosamente alla data di scadenza di un prodotto alimentare, come detto, potrebbe non essere sufficiente. È necessario ispezionare il prodotto prima dell’acquisto e poi dopo averlo aperto. Inoltre, non meno importante, è che la catena del freddo per i prodotti freschi e surgelati sia stata rispettata; tali alimenti a partire dall’impianto di produzione, passando per il trasporto, per lo stoccaggio fino ad arrivare al punto vendita, ad esempio, presso un supermercato, devono aver mantenuto una temperatura costante per evitare rapide crescite microbiche.

Ancora, una volta acquistato, un prodotto alimentare deve essere conservato nel modo corretto in funzione delle specifiche caratteristiche chimico-fisiche che lo caratterizzano e dei trattamenti che ha subito per favorirne la conservazione. Il latte, lo yogurt ed i formaggi freschi, ad esempio, devono essere conservati in frigorifero alla temperatura di circa 4 gradi centigradi, così come la carne fresca. Per il pesce, è preferibile una temperatura poco sopra lo 0, ponendolo preferibilmente nella parte più fredda del frigorifero (è preferibile anche per la carne fresca). Naturalmente, un principio generale è che tanto più è bassa la temperatura e tanto più aumentano i giorni in cui sarà possibile consumare un alimento in sicurezza.

Infatti, sappiamo che congelando gli alimenti in virtù delle temperature molto basse aumenta il periodo in cui è possibile consumare il prodotto in sicurezza, proprio perché viene rallentata o inibita la proliferazione degli agenti patogeni. Quindi, come principio generale, tanto più la temperatura è bassa e tanto minore è il rischio di infezioni alimentari e d intossicazioni alimentari. In ogni caso, i cibi congelati dovrebbero essere consumati entro qualche mese.

Quali sono i principali patogeni?

Probabilmente, il toxoplasma e il virus della varicella-zoster (la cui infezione è indipendente dagli alimenti che assumiamo) sono i patogeni più noti, al centro delle preoccupazioni di tutte le donne che hanno scoperto di essere in dolce attesa. In realtà, una donna in gravidanza dovrebbe essere adeguatamente informata sul rischio conseguente al consumo di alimenti contaminati da alcuni specifici microrganismi. Tra i patogeni noti per rappresentare un rischio alimentare possiamo menzionare:

  • Toxoplasma;
  • Salmonella;
  • Listeria monocytogenes;
  • Virus dell’epatite A (HAV)
  • Campylobacter.

In verità, la cattiva conservazione degli alimenti così come i cibi consumati ben oltre la data di scadenza potrebbero rappresentare un serio rischio per la gravidanza. Naturalmente, gli alimenti non sono tutti uguali e alcuni presentano delle caratteristiche che li rendono intrinsecamente più soggetti, rispetto agli altri, a contaminazioni, a rapide proliferazioni microbiche e ad avere un’alta concentrazione di tossine.

Durante la gravidanza si verifica una rimodulazione del sistema immunitario che potremmo semplificare come un “calo dele difese immunitarie”, al fine di non riconoscere il feto come un qualcosa di estraneo da combattere. Dall’altro lato, questo fine meccanismo rende le future mamme più vulnerabili alle infezioni. Ad esempio, attraverso il consumo di cibi scaduti è possibile contrarre in gravidanza la listeriosi causata dal batterio Listeria monocytogenes; un patogeno ubiquitario, cioè, che è ampiamente presente nell’ambiente. Tale patogeno diventa pericoloso per l’uomo quando, in presenza di condizioni ottimali, si riproduce velocemente all’interno di un alimento contaminato raggiungendo una concentrazione elevata. Come sottolineato dall’Istituto Superiore di Sanità la “malattia può manifestarsi con quadri clinici severi e tassi di mortalità elevati, soprattutto in soggetti fragili…quali le donne in gravidanza”. Quindi, si tratta di una tossinfezione alimentare molto pericolosa per il feto, in particolare durante il primo trimestre, le cui conseguenze più pericolose comprendono: l’aborto, la morte del feto e il parto pretermine. Anche infezioni alimentari da a Salmonella, molto pericolosa, e Escherichia coli potrebbero essere contratte consumando alimenti facilmente deperibili se consumati oltre la data di scadenza come i latticini, le uova, la carne o il pesce.

Le intossicazioni alimentari sono causate dalle tossine prodotte dai patogeni. Senz’altro, la malattia più nota è il botulismo causata dalle tossine prodotte dal batterio Clostridium botulinum. Si tratta di un’intossicazione estremamente pericolosa, non soltanto se contratta durante gravidanza, con esiti gravissimi potenzialmente mortali, come dimostrano alcuni casi di decessi riportati dalla cronaca nera in conseguenza del consumo di cibi contaminati. In particolare, le conserve fatte in casa rappresentano il principale mezzo di intossicazione da parte di questo patogeno. Perciò, non si devono assolutamente consumare le conserve che all’apertura presentino odori inconsueti e né le conserve i cui contenitori presentino dei rigonfiamenti. Una curiosità, la tossina botulinica viene usata comunemente in medicina estetica per ridurre ed attenuare le rughe di espressione: altri non è che il famoso “botox”.

Fonti Bibliografiche

 

 

 

 

 

 

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