Parkinson, verso la diagnosi precoce attraverso gli smartwatch

Un nuovo studio dell’Università di Cardiff (Uk) sulla malattia di Parkinson ha dimostrato che grazie ai dati di movimento raccolti dagli smartwatch è possibile individuare le persone che con maggiore probabilità svilupperanno la malattia fino a sette anni prima della diagnosi clinica. La ricerca, pubblicata sulle pagine di Nature Medicine, sta destando parecchio interesse perché, se i risultati verranno confermati, potrebbe costituire una svolta per la diagnosi precoce: attraverso dispositivi già disponibili, facili da usare ed economici (di certo più accessibili di una risonanza magnetica) si potrebbero monitorare specifici parametri e verificare l’effetto della somministrazione di trattamenti in uno stadio iniziale di neurodegenerazione.

Parkinson, la diagnosi oggi arriva tardi

Gli esperti lo sanno da tempo: i prodromi (cioè dei segnali praticamente impercettibili) della malattia di Parkinson compaiono anche due decenni prima che una diagnosi clinica sia possibile. Purtroppo, però, non si è ancora riusciti a individuare un biomarcatore oggettivo facile da monitorare per uno screening della popolazione su ampia scala. Così, le indagini e l’eventuale diagnosi avvengono solo nel momento in cui la lentezza, i tremori, la rigidità muscolare e anche la depressione tipiche del Parkinson sono evidenti. A quel punto oltre il 60% dei neuroni che producono dopamina sono morti e le terapie sono solo sintomatiche, ossia agiscono sui sintomi per dare sollievo ai pazienti.

A oggi non ci sono trattamenti che si sono dimostrati efficaci nel bloccare la neurodegenerazione. Per alcuni addetti ai lavori questo potrebbe essere dovuto anche al fatto che si arriva alla diagnosi quando è troppo tardi, quando la malattia è in stadio troppo avanzato.

Lo studio

Inserendosi nel filone di ricerca di biomarcatori oggettivi per la diagnosi precoce del Parkinson, il team dell’Institute for Dementia Research dell’Università di Cardiff ha analizzato i dati raccolti in una sola settimana dagli smartwatch forniti nel 2016 a 103.712 persone all’interno del più ampio progetto di ricerca sulla salute dei britannici della Uk Biobank (che coinvolge in tutto 500mila persone). 273 persone al tempo avevano già una diagnosi di Parkinson, mentre 196 sono state diagnosticate negli anni successivi. Proprio grazie al confronto con questi due gruppi i ricercatori hanno potuto sviluppare un’intelligenza artificiale che ha individuato delle anomalie, segnali precoci che qualcosa stava succedendo nella substantia nigra, cioè la parte del cervello che degenera nella malattia di Parkinson.

Come riferisce Cynthia Sandor, che ha coordinato lo studio, questi sottili sintomi, che possono essere sia motori che non motori, spesso passano del tutto inosservati, ma le tecnologie (in particolare gli accelerometri) contenute negli smartwatch registrano queste variazioni, che possono poi essere individuate nei tracciati. L’intelligenza artificiale sviluppata dal team britannico, in particolare, è stata in grado di individuare un modello di diminuzione della mobilità nelle persone con i prodromi del Parkinson rispetto alle oltre 40mila persone del gruppo di controllo. Questo pattern pre-patologico (che i ricercatori hanno accertato essere tipico del Parkinson e che non è stato osservato per nessun altro disturbo preso a confronto) sarebbe rintracciabile fino a 7 anni prima delle manifestazioni cliniche della malattia. Lo studio ha anche individuato su un campione di 65mila persone una diminuzione della durata e della qualità del sonno sia nelle persone con diagnosi di Parkinson sia in quelle che lo avrebbero sviluppato in seguito.

“In un contesto clinico, il monitoraggio continuo o semi-continuo delle persone non può essere ottenuto a causa di tempi, costi, accessibilità e sensibilità”, conclude Sandor. “I dispositivi intelligenti in grado di raccogliere i dati attraverso un accelerometro, però, sono indossati quotidianamente da milioni di persone. Sebbene sia necessario fare molto più lavoro prima che questo sistema sia ammesso nella pratica clinica, la nostra scoperta segna un significativo balzo in avanti nella diagnosi precoce della malattia di Parkinson e suggerisce che dispositivi come gli smartwatch potrebbero svolgere un ruolo chiave nel monitoraggio clinico”.

via Wired.it

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