Locuste in Africa. Gli esperti: ‘La soluzione è spingerle al cannibalismo o mangiarle’

L’irrorazione di feromoni renderebbe cannibali e disorientate le locuste.

Dal giugno del 2019, periodo nel quale giunse in Africa orientale, la Schistocerca gregaria, un tipo di locusta molto aggressiva, ha devastato ingenti quantità di vegetazione lasciando la popolazione senza cibo. Dopo un utilizzo massiccio di diserbanti, le autorità hanno deciso di evitare di ricorrere ai prodotti chimici, per evitare danni permanenti alle vegetazione, già provata da anni di siccità. L’International Center of Insect Physiology and Ecology (ICIPE ) di Nairobi, in Kenya, ha sviluppato diversi sistemi per scacciare la piaga degli ortotteri, in grado di distruggere in un giorno, l’equivalente del cibo di oltre 35 mila persone. I biopesticidi rappresentano l’ultima frontiera per le autorità.

Locuste in Africa. Gli esperti: ‘La soluzione è spingerle al cannibalismo o mangiarle’

Una delle possibili soluzioni si chiama Metharizium acridum, un fungo che avvelena le cavallette senza creare danni ad altri animali. Il fungo ha riscosso subito un largo successo nei vari paesi africani, dove oggi è ormai diffusissimo. Ma sono oltre cinquecento i funghi e i microbi sui quali i ricercatori stanno studiando, per limitare una volta per tutte l’invasione delle cavallette. Lo scopo dei ricercatori è individuare un altro veleno letale per la locusta; una ricerca che vede protagonisti i ricercatori dell’International Centre of Insect Physiology and Ecology. Il loro obbiettivo è concentrato sulla percezione degli odori e dei feromoni della locusta in modo da modificare il comportamento di accoppiamento degli insetti. L’odore rappresenta un elemento fondamentale per gli insetti che ne esalano in grandi quantità quando volano. Se irrorati in determinate condizioni, gli odori disorientano gli insetti che si dividono e si cannibalizzano a vicenda, diventano ancora più sensibili ai biopesticidi. Un’altra delle soluzioni adottabili è catturare quantità di gli insetti per produrre una farina molto proteica. L’ultima ipotesi avanzata dagli esperti ripropone uno scenario già molto comune in Uganda dove sono un piatto tipico e vengono vendute come street food e snack.

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