Inquinamento, un progetto italiano di monitoraggio dallo spazio

Si chiama SatellOmic, ed è un progetto di ricerca italiano per l’elaborazione algoritmica delle immagini dei satelliti Sentinel-2A dell’Agenzia spaziale europea (Esa) per analizzare, in tempo reale, l’inquinamento da idrocarburi e fioriture algali nei bacini idrici. Il progetto è supervisionato dall’Istituto superiore di sanità (Iss), dall’Agenzia spaziale italiana (Asi) e dalla Scuola di ingegneria aerospaziale (Sia), e, nelle intenzioni degli scienziati che lo hanno proposto, dovrebbe contribuire al monitoraggio, al tracciamento e alla bonifica ambientale delle sostanze inquinanti – per esempio grandi masse di petrolio rilasciate da incidenti in mare – prima che colpiscano i siti sensibili.

Il sistema è stato già testato con successo in diversi scenari: il team di ricerca, per esempio, ha monitorato gli eventi di inquinamento da idrocarburi in combinazione con fioriture algali periodiche nel lago Biviere di Gela, incrociando i dati satellitari con quelli terrestri prodotti dalle associazioni territoriali e dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Sicilia (Arpas) riguardanti anche la metagenomica degli ecosistemi, il che “ha permesso di valutare le variazioni del microbioma in funzione della presenza e della natura dei contaminanti”, hanno spiegato Emilio D’Ugo, Milena Bruno e Fabio Magurano, tra gli scienziati responsabili del monitoraggio, “ed è stato determinante per la convalida dei dati satellitari di telerilevamento degli inquinanti discussi in questo progetto”.

Ora il team di ricerca sta allargando il raggio d’azione del sistema, applicando la tecnologia anche su altri laghi e fiumi italiani e oltre i confini nazionali: combinando le osservazioni multispettrali del satellite Sentinel-1 con le osservazioni radar di Sentinel-2 è stato possibile, per esempio, ricostruire la dinamica del grave incidente avvenuto lungo le coste di Trinidad e Tobago, causato da una massiccia perdita di petrolio da una nave. In quel caso l’idrocarburo si è spinto fino al mar dei Caraibi e ha lambito la barriera corallina e quindici chilometri di coste, infliggendo purtroppo danni irreparabili all’ecosistema marino dell’arcipelago.

Credits immagine: Shifaaz shamoon/Unsplash

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