Gli Indiani d’America: 2) I Pellirossa, i motivi del tracollo.


| Gli indiani d’America | Il contesto storico | I coloni | Lo scontro |
| Gli indiani d’America oggi | Conclusioni |

Io da piccolo e anche da più grandicello leggevo Tex.

Per noi prima ragazzini e poi ragazzi di quell’epoca Tex era il Ranger amico, amico degli indiani che pestava a suon di cazzotti i prepotenti e liquidava i cattivi a suon di pistolettate. Per gli indiani Navajos è un saggio capo bianco e fratello di ogni uomo rosso.
Tex ci piaceva perché ci ha fatto conoscere il mondo degli indiani d’America come non lo avevamo mai conosciuto prima. Apprezza e rispetta la cultura indiana. Spesso lo abbiamo visto vestito alla maniera navajo. Lilyth è stata la sua moglie Navajo. Difende il popolo rosso da chi lo vuole distruggere: trafficanti d’armi o d’alcol, generali che pensano che “l’unico indiano buono è un indiano morto”.
Tex ci piaceva perché ci ha fatto conoscere le grandi praterie del Mid-West, i deserti del Sud-Ovest, le foreste del Canada, le città dell’Est, le giungle pluviali, le misteriose rovine maya e azteche. Conoscevo a memoria tutte le tribù indiane dal Messico ai grandi laghi canadesi.

Grandi laghi, foreste, praterie, deserti, aspre catene montuose, coste favorevoli alla pesca, praterie ricche di animali da cacciare. E’ in questi ambienti, generosi o estremi, che ha inizio la storia degli Indiani o Pellerossa, i primi colonizzatori del Nord America.


GLI INDIANI

Agli occhi dei coloni si mostrò un immenso continente con una civiltà ferma alla vita di 8000 anni prima quando in altre parti del mondo iniziarono a formarsi le prime comunità organizzate.

Il principio di base dei nativi era sempre stato il rifiuto di qualsiasi sorta di governo. Malgrado ci fossero numerose tribù, esse non si sono mai unite a formare una pur rudimentale unione che le rappresentassero e regolasse le loro attività.
La libertà dell’individuo era considerata praticamente da tutti gli indiani a nord del Messico come una regola infinitamente più preziosa del dovere dello stesso individuo verso la sua comunità o la sua nazione. Il fenomeno di singoli individui, o piccoli gruppi, che abbandonavano la tribù di origine per unirsi ad un’altra dello stesso ceppo linguistico era piuttosto comune.

L’uomo indiano non aveva obblighi di lavoro o di tributi verso alcun suo simile: cacciava e lavorava unicamente per soddisfare i bisogni propri e della propria famiglia, e una volta soddisfatti questi, poteva dedicare il suo tempo al riposo, alla danza, ad altre arti.

Una sorta di paradiso terrestre. E quando le risorse scarseggiavano la tribù toglieva le tende e si trasferiva altrove tanto vasto era il territorio.

Questa era la vita degli Indiani d’America fino al 1492, ma anche fin quando all’inizio del cinquecento giunsero i francesi e inglesi.

Cultura.

Quando i primi coloni arrivarono non trovarono città, nessun insediamento stabile urbanizzato. A quindici secoli dalla nascita di Cristo gli indiani d’America non avevano ancora costruito edifici in legno e in muratura. Nessun segno di strade e monumenti.
Ben 4000 anni prima i faraoni egiziani erano capaci di costruire le Piramidi e la Sfinge. Ed ancora molto tempo prima civiltà sconosciute erigevano monumenti come Stonehenge e Baalbek. Nel 215 a.C. i Cinesi contrivano la grande muraglia. I romani costruivano il Colosseo.

Gli indiani d’America non conoscevano la carta. La scrittura non era praticata. I racconti venivano tramandati oralmente. Solo nel 2019 un gruppo di archeologi scopriva un rudimentale sillabario, di un alfabeto scritto della tribù dei Cherokee, nelle iscrizioni nella roccia. 
Il mondo occidentale nel frattempo aveva già dato i natali a filosofi e narratori del calibro di Socrate, Omero. L’Italia aveva già dato i natali a Dante Alighieri.

L’arte dei nativi Americani si limitava a rappresentazioni colorate sulla sabbia praticate principalmente dagli sciamani a livello di rappresentazione magica. Sconosciuta la pittura, la scultura.
In Italia nel secolo XV, ovvero in pari epoca, abbiamo conosciuto le opere di Nicolò Macchiavelli, Raffaello, Brunelleschi, Botticelli, Michelangelo Buonarroti.

Gli indiani del settentrione degli Stati Uniti e del Canada sono stati maestri nella complessa costruzione in legno e scorza d’albero, ma non sono andati oltre la costruzione di canoe.
Se poi è vero che i Vichinghi raggiunsero il continente americano ben prima di Colombo sulle loro imbarcazioni formando anche numerose colonie, è evidente che i nativi americani nulla ebbero ad imparare da questo popolo navigatore.

Fin dall’antichità l’uomo ha sempre utilizzato il mare come via di comunicazione e con il passare dei secoli ha sviluppato il più moderno mezzo di trasporto: le navi. Egiziani, fenici, romani, scandinavi, persino i cinesi costruivano già le loro navi da tempi immemorabili.
Alla fine del Medioevo l’uso dei remi fu progressivamente sostituito con l’esclusivo impiego di vele, in particolare nelle navi costruite nell’Europa settentrionale per la navigazione nell’oceano Atlantico
.

Gli indiani d’America non conoscevano la matematica. Le osservazioni astronomiche di poco rilievo.
Nel IV secolo a.C. in tutto il mondo occidentale venivano eretti monumenti di pietra orientati verso i punti in cui sorge e tramonta il sole, i solstizi e equinozi. Gli egiziani conoscevano le costellazioni. Nel terzo secolo a.C. Archimede riuscì a far scendere lentamente in mare una grossa nave a tre alberi, carica. Introduce nuovi elementi anticipando la legge esponenziale e il calcolo logaritmico.

Gli indiani d’America non avevano ancora inventato la ruota. Probabilmente, perché non avevano animali che potessero trainarli.
Già nel 3000 a.C., il carro provvisto di ruote appare in un bassorilievo in Mesopotamia.

Il cavallo arrivò nelle Americhe solo con l’avvento dell’uomo bianco.
Con la cattura dei primi esemplari di cavalli vi fu una vera e propria rivoluzione nel modo di vita dei Nativi. Da sedentari quali erano, iniziarono a spostarsi con maggior frequenza. Al cavallo fu attaccato il travois, un traino privo di ruote. Tra i vari cambiamenti portati dal nuovo stile di vita, mutò anche il modo di fare la guerra tra le varie tribù. Si tenga presente che lo stato naturale delle famiglie indiane era quello belligerante. Fare la guerra era un mezzo per acquistare onore e prestigio in seno alla tribù.
In Asia centrale l’addomesticazione del cavallo avvenne 3000 anni a.C. Nella Mesopotamia e in Siria il cavallo fu utilizzato come cavalcatura a partire dal XIII secolo a.C.

Gli indiani d’America non conoscevano il ferro. Per armi usavano arco e frecce al pari degli uomini primitivi.
2500 anni a.C. l’uomo occidentale scoprì il bronzo e attorno al 1400 a.C lavorò il ferro. Nel III secolo d.C. fu scoperta la polvere da sparo e pochi anni dopo le prime armi da fuoco.

Le grandi civiltà dell’occidente (Sumeri, gli Accadi, gli Elamiti, gli Amorrei, i Babilonesi, gli Ittiti, gli Aramei, i Fenici, gli Egiziani, i Greci, i Romani), erano già da tempo nate e progredite ed altre erano subentrate.
Gli indiani d’America al contrario sono rimasti allo stato semi primitivo.

Alla luce di ciò viene da domandarsi come mai gli indiani d’America erano così indietro al resto del mondo.
Indietro anche ai loro stessi cugini, gli “indios” che una volta popolato il centro America e il sud America avevano sviluppato civiltà progredire come gli Aztechi, i Maya, gli Inca.

Le ragioni semplicistiche di tale arretramento culturale e tecnologico, da molti viene fatto risalire alla natura pacifica e rispettosa della natura degli indiani d’America. Troppo poco per giustificare 20.000 anni di mancanza di progressi, come se fosse un popolo addormentato. Un popolo che una volta esplicati i doveri di sopravvivenza, per millenni ha trascorso il proprio tempo nel più completo ozio famigliare, al riposo, alla danza, alle scorribande.

E’ evidente che a causa del millenario ritardo, il popolo dei nativi americani era completamene impreparato a fronteggiare situazioni esterne con civiltà più evolute. Nè si può pensare che l’uomo bianco non sarebbe mai arrivato nelle Americhe. Che sia stato Colombo o altri la scoperta delle Americhe era un fatto scontato. Ed anche il destino degli indiani d’America.


IL CONTESTO STORICO

I molti fattori per cui gli europei e i loro discendenti esplorarono il cosiddetto Nuovo Mondo, sono compresi nel concetto del Rinascimento, periodo che fece emergere l’Europa dal Medioevo. Dal punto di vista politico c’era una tendenza verso uno Stato-nazione unificato e centralizzato, partendo dal sistema feudale.
L’esplorazione divenne perciò un obbiettivo nazionale. Dal punto di vista economico c’era un fabbisogno crescente di nuovi mercati e di importazioni specifiche per una popolazione in rapida espansione.
Nel contempo per molti coloni era la opportunità di una nuova vita per sfruttare le grandi risorse che il nuovo continente offriva. Le nuove imbarcazioni europee erano ora in grado di tenere gli oceani.

L’esplorazione non si sviluppò solo in seguito al Rinascimento, ma ebbe un suo proprio sviluppo, in quanto le notizie sul Nord America e sui suoi abitanti, rivoluzionarono la visione del mondo da parte degli europei. Per le generazioni successive, che soffrivano per la sovrappopolazione, per la povertà e le persecuzioni religiose in Europa, l’America del Nord divenne un simbolo di speranza e di vita nuovaa.


I COLONI.

Quando i primi coloni americani si spinsero all’ovest, è plausibile pensare che gli indiani fossero l’ultimo dei loro pensieri. Probabilmente, non erano nemmeno a conoscenza della loro esistenza.

Nell’Almerica settentrionale gli indiani d’America non dovevano essere più di 12 milioni. E non erano per niente accoglienti e pacifici. I nativi del luogo vedevano i coloni come degli usurpatori delle loro terre.

All’inizio della colonizzazione per molti aspetti la vita dei bianchi poteva anche assomigliare  a quello degli indiani perché veniva  a trovarsi in condizioni ambientali simili. I primi che si erano spinti nel West  erano semplicemente cacciatori e commercianti e in piccolo numero. In fondo si assimilavano in qualche modo agli indiani. Era il sogno di ogni contadino. Si raggruppavano quindi in carovane più o meno grandi,  affrontavano il lungo viaggio pieno di pericoli dei quali l’attacco degli indiani non era il più grave: era molto più facile morire in incidente o di malattia che uccisi dai pellerossa. A volte  si trattava di dissidenti religiosi che cercavano una terra libera dove fondare proprie comunità autonome (i famosi Mormoni, ad esempio).

Il viaggio era lentissimo e ogni giorno si riuscivano a coprire al massimo 20 miglia se la stagione era buona e se il tempo era clemente, altrimenti la strada percorsa diventava proprio poca.
I pericoli erano sempre in agguato. Per questo i pionieri cercavano di organizzare gruppi di carri, in maniera da sostenersi l’uno con l’altro nei momenti del bisogno. Inoltre, stare in gruppo serviva a tenere lontani gli indiani quando si attraversavano le loro terre. Gli attacchi alle carovane erano infatti molto rari, mentre erano frequenti quelli ai carri isolati. Nel 1850 si raggiunse l’apice dei trasferimenti di persone a ovest: 55.000 pionieri spinsero i loro carri sulle piste della frontiera.

Le scorrerie. Per gli indiani era perfettamente lecito, anzi meritorio operare delle scorrerie presso le altre tribù per procurassi dei beni. I giovani per acquistare prestigio, per farsi belli agli occhi delle ragazze, facevano l’ardita impresa di assalire o rubare presso gli altri gruppi. Questo fatto entrava nella logica e nello spirito di quei bellicosi guerrieri e ciascuna tribù ricambiava allo stesso modo. 
Gli indiani potevano assalire diligenze e fattorie semplicemente per predare secondo i loro usi tradizionali dato che poi i bianchi possedevano una quantità di oggetti che essi non erano in grado di produrre e  apparivano quindi ricchissimi. Ma se per gli indiani erano imprese gloriose  per i bianchi era tutta altra cosa: gli indiani  erano considerati  ladri , rapinatori, assassini , criminali comuni insomma non soldati  secondo la concezione europea.  Per questo essi invocavano l’intervento dell’esercito come per reprimere dei crimini più che combattere un nemico.

Adozione dei bambini. Ancora più tragiche conseguenze ebbe ì’uso indiano di adottare bambini  superstiti.  Essi non rapivano bambini ma nelle continue guerriglie avveniva che restassero, dopo lo scontro, dei bambini orfani. In questo caso gli indiani adottavano ed allevavano tali bambini come propri. Da un punto di vista dei bianchi si trattava di un rapimento di bambini, uno dei crimini più nefandi che si possa concepire. 


LO SCONTRO.

Per quanto non avessero il concetto di proprietà privata e che la terra apparteneva a tutti, ben presto gli indiani si resero conto che gli uomini bianchi la pensano diversamente. Non volevano solo stabilirsi in qualche terra, ma che stavano per perdere quelle che loro consideravano le loro terre.

Man mano però il numero dei bianchi aumentava, arrivavano i coltivatori che recintavano le terre, arrivavano i grandi allevatori che si appropriavano dei pascoli e l’avanzata dei bianchi diventava una valanga incontenibile.
I bianchi parimenti erano disposti ad accettare che gli indiani restassero nei loro territori assegnando ad essi dei terreni da coltivare: ma gli indiani non erano agricoltori, non comprendevano proprio questo modo di vivere, era una cosa che andava al di la della loro possibilità, del loro stile di vita.

A questo punto il mondo degli indiani e quello dei bianchi diventavano inconciliabili. Uno dei due doveva soccombere.

Il resto è storia. Gli anni che andarono dal 1856 al 1858 furono particolarmente sanguinosi sul fronte texano a causa del massiccio spostamento dei coloni all’interno della terra Comanche. Seguirono dolorosissimi scontri che posero fine alla resistenza del popolo Comanche. Ci furono la Battaglia di Little Robe Creek e la spedizione di Antelope Hills nel 1858, le quali rappresentarono un durissimo colpo proprio nel cuore della Comancheria. Anche le tribù più numerose, come i Sioux e gli Apache, decidono di opporsi con le armi.

Ulteriori scontri e vere e proprie battaglie tra i coloni e gli indiani continuarono nel 1860, che durante la Battaglia di Pease River le milizie texane distrussero un campo indiano scoprendo in seguito di aver recuperato la famosa Cynthia Ann Parker, quella ragazzina che era stata rapita dai guerrieri Comanche nel 1836.

Nel 1864 invece avvenne una delle battaglie con gli indiani che fu ricoperta di infamia non appena se ne conobbero i contorni precisi. Parliamo del Massacro del Sand Creek. L’esercito americano compì una strage sterminando un intero villaggio, donne e bambini compresi.

Il conflitto tra bianchi ed indiani continuò anche durante la guerra di secessione, nonostante quasi tutta l’attenzione del governo unionista fosse chiaramente riposta sul fronte bellico col Sud ribelle.

Nel 1876  i nativi americani riportarono un’importantissima vittoria contro il Settimo reggimento di cavalleria dell’esercito americano, uccidendo tutti i soldati e riuscendo anche a uccidere il loro comandante, il generale George Armstrong Custer.

Fra il 1891 e il 1898 tutti i Nativi vennero relegati per sempre nelle riserve, ad eccezione dei Chippewa che diedero origine ad una rivolta, terminata in un bagno di sangue.



Gli indiani d’America oggi.

Alla luce di questi avvenimenti, possiamo dire che la “orgogliosa” difesa della loro terra, della loro libertà, il rifiuto a vivere in diverse condizioni di vita, ha indotto gli indiani d’America gradualmente a condurre una vita da emarginati, ai margini della vita sociale americana.

Se gli indiani avessero avuto un maggior senso politico e di unione avrebbero dovuto accettare le terre a loro assegnate per formare uno stato indipendente da loro governato. E quest’ora gli Stati Uniti d’America forse avrebbe un Stato tutto indiano.

Oggigiorno, a seguito di un censimento risalente ormai al lontano 1980, ci sono più di un milione e mezzo di indiani negli Stati Uniti. Gli indiani sono liberi di vivere ovunque. Si parlano ancora più di 100 lingue diverse.  Alcuni Indiani sono riusciti a migliorare il tenore di vita sfruttando le fonti naturali della terra come il petrolio, ma la maggior parte conduce tutt’ora una vita molto misera e semplice nell’isolamento rispetto al resto della popolazione.
I nativi americani oggi sono ancora molto orgogliosi delle loro tradizioni e del patrimonio della tribù, non vogliono “accordarsi” con la civiltà bianca, non capiscono che i loro standard di vita devono essere migliorati.


CONCLUSIONE

Gli indiani d’America hanno perduto la loro battaglia perchè non hanno saputo diventare un popolo unito. Per la loro vita senza stimoli, e si sono fatti trovare impreparati nel fronteggiare le minacce esterne.

Non bisogna meravigliarsi se anche oggi valgono le stesse regole. In ogni campo, dalla informatica, allo sviluppo tecnologico, alla economia. Saranno sempre perdenti coloro che non si fanno trovare pronti alle nuove sfide.

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