Atrofia muscolare spinale, ampliati i criteri di rimborsabilità della terapia genica

Si chiama atrofia muscolare spinale (Sma), ed è una grave e rara malattia neuromuscolare che al momento rappresenta la prima causa genetica di morte infantile in tutto il mondo: la sua incidenza, in Italia, è circa di un caso su diecimila nati vivi, per un totale di circa 40/50 bambini nati ogni anno con Sma. Una malattia invalidante e purtroppo spesso fatale: se non trattata, determina la morte o la necessità di ventilazione permanente entro i due anni di età in oltre il 90% dei casi. Dalla ricerca scientifica, fortunatamente, arrivano buone notizie: l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha infatti recentemente ampliato i criteri di rimborsabilità di una terapia genica (ossia un trattamento che agisce direttamente sui geni, sostituendo quelli difettosi, come vedremo tra poco), la prima approvata in Italia per la Sma, rendendola di fatto disponibile anche per i bambini con Sma di tipo 2. Il trattamento, il cui nome è onasemnogene abeparvovec, era già stato approvato per la Sma di tipo 1 nel 2021. Vediamo di cosa si tratta e quali sono le prospettive della ricerca.

L’atrofia muscolare spinale

Come dicevamo, la Sma è una grave malattia neuromuscolare legata a un difetto genetico: in particolare, è causata dal malfunzionamento di un particolare gene, chiamato Smn1, che provoca la perdita rara e irreversibile dei motoneuroni, le cellule nervose che controllano i muscoli volontari e parte della muscolatura liscia (cuore) e sono quindi responsabili di funzionalità vitali come la respirazione, la deglutizione e il battito cardiaco. La malattia si manifesta solo se entrambi i genitori sono portatori del gene difettoso (è infatti una cosiddetta malattia autosomica recessiva), e può colpire in varie forme, più o meno gravi, legate alla presenza e al numero di copie di un altro gene, Smn2, che è una sorta di versione “ridotta” di Smn1 e ne sostituisce alcune delle funzionalità. La Sma di tipo 1 è la forma più grave, quella in cui c’è il minor numero di copie di Smn2, e in questo caso l’esordio della malattia avviene nei primi sei mesi di vita e compromette l’acquisizione delle capacità motorie, della respirazione e della deglutizione, per cui i bambini che ne sono colpiti non riescono a sopravvivere oltre i due anni senza un’assistenza respiratoria meccanica. Nelle altre forme di Sma, come per esempio quella di tipo 2, i pazienti hanno un maggior numero di copie del “gene di backup”, e dunque l’esordio avviene in età più avanzata – tra i sei e i diciotto mesi di età – con sintomi meno gravi: i bambini riescono a stare seduti (ma quasi sempre non a camminare in maniera autonoma) e se opportunamente trattati possono sopravvivere oltre la vita adulta, anche se al momento oltre un terzo non supera i 25 anni di età. Le Sma di tipo 3 e 4 sono meno gravi: esordiscono nell’età adulta e presentano sintomi più lievi, come tremori, debolezza e contrazioni muscolari.

Cos’è la terapia genica e come funziona

La terapia genica è un tipo di trattamento in cui si cerca di agire direttamente sul dna per modificare “alla base” la causa di una determinata malattia genetica. Il concetto di base è di fornire all’organismo una copia corretta del gene difettoso o un altro gene che possa compensarne il malfunzionamento nelle cellule colpite dalla malattia. Al momento sono in sperimentazione diversi tipi di terapie geniche per diversi tipi di malattie, con risultati molto incoraggianti; è bene però sottolineare, per evitare sensazionalismi e illusioni di trattamenti miracolosi, che la ricerca in questo campo è ancora troppo recente, e che ne sappiamo ancora troppo poco per poterne conoscere gli effetti a lungo termine su rischi e benefici. Le modalità di somministrazione sono due: in vivo ed ex vivo; nella somministrazione in vivo, il cosiddetto “gene terapeutico” viene somministrato direttamente nell’organismo del paziente mediante un’iniezione per via locale (organo bersaglio) o per via sistemica (nella circolazione sanguigna). Nella somministrazione ex vivo, invece, la “correzione” avviene all’esterno dell’organismo del paziente: le cellule bersaglio vengono prelevate, modificate geneticamente e infine reintrodotte usando dei virus come “veicoli”.

La terapia genica per la Sma utilizza, per l’appunto, un vettore virale che viene somministrato per via endovenosa e sostituisce il gene Smn1 difettoso con una copia corretta, in grado di produrre la proteina responsabile del funzionamento e della sopravvivenza dei motoneuroni. Come dicevamo, nel caso di questa malattia (e non solo) la diagnosi precoce è un elemento fondamentale: in particolare lo screening neonatale consentirebbe di poter intervenire con un trattamento ad hoc prima della comparsa della sintomatologia e ridurre quanto più possibile i danni all’organismo.

Lo studio Spr1nt e l’estensione del trattamento

La decisione di Aifa di estendere la rimborsabilità della terapia genica anche ai casi di Sma di tipo 2 arriva a valle dei risultati di Spr1nt, uno studio di fase tre che ha coinvolto pazienti pre-sintomatici con una diagnosi genetica di Sma e con due o tre copie del gene Smn2 di età inferiore a sei settimane. In particolare, la sperimentazione ha previsto il trattamento di quattordici pazienti con due copie di Smn2 e tre quindici pazienti con tre copie di Smn2: in entrambi i casi, la terapie si è rivelata efficace e ben tollerata nei neonati a rischio di Sma di tipo 1 e di tipo 2, sottolineando l’urgenza dell’identificazione e dell’intervento precoce. I pazienti hanno raggiunto traguardi motori appropriati alla loro età, inclusa la capacità e stare in piedi e di camminare. “La somministrazione precoce di questo trattamento innovativo – ha dichiarato Marika Pane, direttrice clinica del Centro Nemo pediatrico di Roma e professoressa associata di neuropsichiatria infantile all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – consente di ottenere risultati migliori per arrestare la progressione della malattia: la diagnosi prenatale, aumentando la probabilità di identificare i pazienti affetti dalla malattia quando sono pre-sintomatici, svolge una parte importante concorrendo ai potenziali esiti terapeutici. Bisogna, quindi, tenere conto del fatto che la degenerazione dei motoneuroni inizia prima della nascita, si intensifica rapidamente e che il processo non può essere invertito. L’aspetto innovativo di questo trattamento è che interviene direttamente sul difetto genetico con un’unica somministrazione; quindi, è effettuato una sola volta nella vita. In base agli studi clinici a disposizione, il trattamento precoce consente di ottenere nei piccoli pazienti tappe di sviluppo motorie che si avvicinano a quelle dei coetanei sani, come il controllo della testa e la capacità di sedersi senza supporto, senza il bisogno di ricorrere a supporti ventilatori che normalmente la storia della malattia prevede”.

La notizia è stata accolta con soddisfazione anche dalle associazioni dei pazienti: “Accogliamo favorevolmente la notizia dell’ampliamento dell’accesso alla terapia genica che sarà resa disponibile – ha dichiarato a questo proposito Anita Pallara, presidente dell’Associazione FamiglieSMA – per un numero maggiore di bambini affetti da atrofia muscolare spinale. Sappiamo che la terapia genica aumenta la sua efficacia e, quindi, migliora la risposta del paziente quanto prima viene somministrata. Per questo, come Associazione FamiglieSMA ribadiamo l’importanza dello screening neonatale, che deve essere esteso a tutte le regioni in modo da garantire sull’intero territorio nazionale lo stesso diritto alla salute. Accanto allo screening, sottolineiamo anche l’importanza di garantire alle famiglie il necessario accompagnamento nel percorso di cura e nelle successive fasi di follow-up post trattamento, attraverso una presa in carico da parte dei centri specializzati sull’intero territorio nazionale”.

Via: Wired.it
Credits immagine: Foto di Sangharsh Lohakare/Unsplash

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