Aleksandr Aleksandrovich Friedmann

Aleksandr Friedmann è stato l’uomo che ha scoperto l’espansione dell’Universo.

Lo ha fatto non soltanto grazie a quello straordinario talento per la matematica che ne faceva un vero fuoriclasse in materia, ma anche in virtù di un profondo intelletto privo di pregiudizi o dogmi, che gli ha permesso di andare oltre la visione dell’universo comunemente accettata, minando nelle fondamenta il modello eterno e immutabile tanto caro al grande Einstein, Lemaître prima e poi George Gamow che utilizzeranno i risultati di Friedmann come base di partenza per sviluppare la teoria di un modello di universo in evoluzione, teoria che sarà poi conosciuta come Big Bang.

Ma andiamo per ordine.

Ne era stato condizionato perfino lui, Einstein.
La religione li aveva rimbecilliti un po’ tutti, anche i migliori cervelli. Dopo che Dio aveva creato la Terra si era accorto che il cielo era nero e così si è affrettato ad aggiungere lucette sparpagliate qua e là come in un perenne presepe a guisa di una tappezzeria cosmica.

Anche Newton l’inventore della gravità era convinto della staticità dell’universo. Eppure si sarebbe dovuto subito rendere conto che proprio a causa della gravità l’universo si sarebbe dovuto contrarre su se stesso. E con lui scienziati dal Seicento, del Settecento fino all’Ottocento.

Einstein lo aveva capito, ma convinto anche lui della staticità dell’universo aveva inserito nella sua formula una costante, chiamata costante universale, che non si sa da cosa dipendeva. Un specie di forza repulsiva, antigravitazionale, a contrastare quella gravitazionale che tendeva a far collassare l’universo su se stesso.

La fede in un universo statico era ancora fortemente radicato da persistere fino al XX secolo quando Edwin Hubble nel 1929 sdoganò la scienza dalla teologia e dalla ragnatela religiosa dimostrando che l’universo era in costante espansione.

In realtà un altro scienziato contemporaneo di Einstein aveva capito prima del suo amico/nemico Einstein e Hubble che l’universo non doveva essere necessariamente statico, una specie di fotografia stampata nel cielo. Il fisico russo Aleksandr Fridmann. 

Nel 1922 Friedmann invia i suoi studi “Sulla curvatura dello spazio” alla rivista Zeitschrift für Physik che lo riceve il 29 giugno del 1922. La stessa rivista riceve una breve nota dal grande Einstein, che senza mezzi termini critica il lavoro di Friedmann, bollandolo come “matematicamente sbagliato”. D’altronde per chi come Einstein pensava che l’universo dovesse essere stazionario ed eterno, l’articolo di Friedmann poteva sembrare una vera e propria eresia.

Ma Friedmann non è tipo da alzare bandiera bianca e ritrattare le sue idee; lui che era stato eroe di guerra, oltreché essere uno dei migliori matematici del mondo, il 6 dicembre scrive direttamente allo stesso Einstein una lettera nella quale sviluppa tutti i calcoli in maniera dettagliata e invita lo scettico scienziato, qualora si convincesse dell’esattezza dei suoi calcoli, a informare il direttore della rivista Zeitschrift für Physik affinché ne prenda nota.

Passano molti mesi, tuttavia, senza che Friedmann riceva una risposta; allora lo scienziato affida la lettera con i calcoli al suo amico Krutkov, che avrebbe incontrato Einstein  nella casa di Ehrenfest. Il padre della relatività manda una nota alla rivista nelle cui pagine si era svolto il “duello”, ammettendo che la sua costante gravitazionale fu il suo più grande errore, il proprio errore e la correttezza dei risultati di Friedmann.

Crolla così il mito dell’universo immutabile ed eterno.

Tuttavia il lavoro di Friedmann rimase per lo più sconosciuto al mondo occidentale. Bisogna aspettare gli anni 1940, 15 anni dopo la sua morte, perché il nome dello sfortunato scienziato russo torni alla ribalta, grazie a uno degli allievi più brillanti di Friedmann, George Gamow, nella cui autobiografia si legge: “Stando alla teoria originaria di Friedmann sull’Universo in espansione, il cosmo deve aver avuto origine da uno stato singolare… “.
Dopo che le osservazioni sperimentali avranno definitivamente condannato il modello di universo stazionario, i lavori di Friedmann saranno tutti ripubblicati in Unione Sovietica nel 1963, in occasione del settantacinquesimo anniversario della sua nascita.

Secondo Fridman l’universo doveva essere uguale da qualsiasi parte lo si osservi. Nel suo modello le galassie si allontanano una dall’altra come i puntini segnati su un palloncino che si gonfia. Tanto maggiore i puntini sono lontani da loro tanto maggiore sarà la velocità alla quale si allontanano. La velocità di espansione è proporzionale alla distanza che le separa. Questo introduceva un altro concetto fondamentale della fisica: le galassie si spostavano verso il rosso dello spettro delle frequenze.

Mentre Einstein si occupava degli effetti della gravità nell’universo la cui forza è capace di distorcere lo spazio ed anche il tempo, Friedman era alle prese con il tasso di espansione dell’universo. 
Nel modello di Friedmann dove le galassie si allontanano direttamente una dall’altra, la velocità alla quale si allontanano determina in un certo senso il destino dell’universo.

Per frenare la velocità di espansione, che può essere calcolata in modo molto accurato con l’effetto Doppler (red shift), era necessario conoscere la forza della gravità esercitata dalle stesse galassie.

Allo scopo è necessario conoscere la densità dell’universo. In parole povere la massa dell’universo. Se la densità media dell’universo è inferiore ad un certo valore critico l’attrazione gravitazionale risulterà troppo debole per arrestare l’espansione. Le galassie cominceranno ad allontanarsi l’una verso l’altra. La distanza fra le galassie aumenta all’infinito.
Se la densità media è superiore al valore critico l’universo entrerà in una fase di contrazione e la distanza fra le galassie tenderà allo zero.

Queste considerazioni sono frutto della sua equazione, chiamata equazione di Friedmann. Una soluzione della equazione di campo di Einstein nel caso di un universo omogeneo, isotropo e non statico. Sotto queste ipotesi, è possibile definire una densità media dell’universo (densità di massa-energia) e, come Friedman ha dimostrato, descrivere lo spazio in ogni istante. 

Dove “R” è un fattore di scala.”c” è la velocità della luce. “ρ” è la densità dell’universo. “k” è il parametro di curvatura. “G” è la costante universale di Newton.

K=0 universo piatto ( infinito e destinato a un’espansione eterna).
K>0 universo chiuso (abbiamo un universo chiuso, sferico, finito e destinato all’implosione, a collassare su se stesso).
K<0 universo aperto (abbiamo un universo iperbolico, infinito e destinato a un’espansione eterna).

I tre modelli di Friedmann presentano un caratteristica comune. Affermano che, in un tratto di tempo compreso tra dieci e venti miliardi di anni fa, la distanza tra le galassie doveva essere pari a zero. In quel momento. comunemente chiamato Big Bang, la densità dell’universo e la curvatura dello spazio-tempo avrebbero dovute essere infinite. Ciò presuppone l’esistenza di una cosiddetta “singolarità” nell’universo.

Friedmann aveva ragione su un’altra cosa.

L’universo sembrava identico in qualunque direzione guardiamo. Per molto tempo questa considerazione bastò a giustificare la validità dell’assunto di Friedman. Solo una quarantina di anni dopo per via di un caso fortuito, emerse che l’assunto di Friedman costituiva di fatto una descrizione notevolmente accurata del nostro universo.

Nel 1965 due fisici americani, Penzias e Wilson, stavano lavorando presso i laboratori della Bell, al progetto di un rilevatore di microonde estremamente sensibile per le comunicazioni con i satelliti orbitali. Quando rilevarono un segnale che non sembrava provenire da una direzione particolare. Il segnale era lo stesso ovunque si orientasse il rilevatore e doveva provenire dall’esterno dell’atmosfera. Inoltre si manteneva ostante di giorno come di notte, in tutte le stagioni dell’anno anche se la Terra ruota sul proprio asse e orbita attorno al Sole.

Era chiaro che la radiazione captata dal rilevatore dovevaprovenire dall’esterno del sistema solare e persinopersini dall’esterno della galassia. Oggi sappiamo che, qualunque direzione si osservi, l’intensità di quel segnale varia al massimo di un decimillesimo.

Penzias e Wilson si erano quindi casualmente imbattuti in una conferma notevolmente accurata dell’assunto di Friedman: l’universo è identico in qualunque direzione guardiamo.

Aleksandr Friedmann muore di tifo il 16 settembre del 1925, a soli 37 anni.

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