L’inquinamento contribuisce al 15% dei decessi per Covid

Lo sappiamo: l’inquinamento uccide. In Europa ben un decesso su 8 è dovuto all’inquinamento, a causa di malattie polmonari e cardiovascolari (ma non solo), secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente. Non stupisce, pertanto, che lo smog possa avere un ruolo anche nel favorire i contagi da coronavirus e nello sviluppo di infezioni gravi. Oggi uno studio del Max Planck Institute for Chemistry in Germania ha quantificato per la prima volta il contributo dell’inquinamento. E ha stimato che un’alta esposizione agli inquinanti atmosferici potrebbe aumentare del 15% la mortalità per Covid-19. I risultatipubblicati su Cardiovascular Research, forniscono un’ulteriore conferma e un monito ad agire presto contro tutte le forme di inquinamento.

Il legame fra inquinamento e Covid-19

Sul legame fra smog e Covid-19 si è discusso molto durante tutta la pandemia, anche in seguito all’osservazione della presenza di tracce del coronavirus sul particolato e così all’idea – smentita – che le polveri sottili potessero veicolare il Sars-Cov-2. L’inquinamento atmosferico sembrerebbe però un ruolo nel contagio. Diverse ricerche, infatti, hanno mostrato che nelle zone più inquinate aumenta il rischio di contrarre l’infezione e anche quello di andare incontro a forme più gravi, soprattutto per i soggetti più suscettibili. Ma in che misura? Quali gli effetti da ultimo dell’inquinamento mescolati alle infezioni da coronavirus?

Le polveri sottili PM2.5

Nello studio i ricercatori hanno messo a fuoco il ruolo delle polveri sottili PM2.5 (particolato fine), di diametro uguale o più piccolo di 2,5 micrometri. Queste polveri, di dimensioni pari al 3% dello spessore di un capello umano, penetrano facilmente nei polmoni e sono pericolose. In buona parte sono prodotte da attività umane, ad esempio in processi di combustione per il riscaldamento domestico, da veicoli a motore, in molte attività industriali. Gli autori hanno creato un modello per stimare quanti decessi per Covid-19 possano essere collegati all’inquinamento dell’aria. I dati esaminati sono quelli italiani raccolti durante la pandemia di Covid-19, dati cinesi durante la Sars nel 2003 e dati satellitari dell’esposizione alle PM2.5.

Covid-19, l’inquinamento ha un peso

Sulla base del modello i ricercatori hanno quindi stimato il peso dell’inquinamento sui decessi da Covid. Dall’analisi è emerso che in media a livello globale lo smog peserebbe per il 15% nella mortalità per Covid-19, con differenze notevoli fra i paesi. Il peso maggiore si rileva in Repubblica Ceca (29%), in Cina (27%), in Germania (26%). L’Italia si allinea alla media globale con il 15%, mentre valori più bassi si hanno per Israele (6%), Australia (3%) e Nuova Zelanda con solo l’1%.

Ma che vuol dire che l’inquinamento contribuisce al 15% dei decessi? Prendiamo un esempio: nel Regno Unito il 14% dei decessi per Covid è associato all’inquinamento. Questo significa che statisticamente 1 decesso per Covid su 7 è legato all’inquinamento e che, come spiega il coautore Jos Lelieveld, su 44mila morti nel paese più di 6mila sarebbero in parte da ricondurre allo smog. Ripetendo questo calcolo con i dati italiani, avremmo che su più di 37mila decessi circa 5.700 sarebbero collegati in qualche modo all‘inquinamento.

Il particolato agisce su Ace2

I processi con cui l’aria inquinata può danneggiare le vie respiratorie sono vari. Il nostro organismo si difende da agenti estranei, come patogeni, in diversi modi, e un’alta esposizione al particolato, può indebolire questa difesa e causare infiammazione. Nel caso del coronavirus, oltre al danno generale le polveri sottili interferirebbero con uno dei meccanismi chiave con cui il virus infetta le cellule. “Il particolato atmosferico – spiega Thomas Münzel della Johannes Gutenberg University – sembra aumentare l’attività di un recettore sulla superficie delle cellule, chiamato Ace2”. E sappiamo che proprio Ace2 favorisce l’accesso del Sars-Cov-2 nelle cellule. “Abbiamo un doppio colpo: l’inquinamento dell’aria danneggia i polmoni e favorisce l’attività di Ace2”, prosegue Münzel: “Che a sua volta porta a un aumentato assorbimento del virus da parte dei polmoni e probabilmente anche dei vasi sanguigni e del cuore”.

Riferimenti: Cardiovascular Research

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