Vaccini: quanto sono efficaci contro infezioni e ospedalizzazioni

Uno, due e tre. I Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) statunitensi tornano a ribadire, con tre nuovi studi appena pubblicati, l’efficacia del vaccino anti Covid-19 nel prevenire contagi rispetto alla variante delta (anche se in modo meno marcato che rispetto ad altre varianti), ospedalizzazioni e decessi. I rapporti dell’istituto americano, in particolare, evidenziano come i soggetti completamente vaccinati abbiano un rischio cinque volte minore ai non vaccinati di infettarsi con la variante delta, dieci volte minore di essere ospedalizzati e undici volte minore di morire.

Sono cifre inferiori rispetto a quelle raggiunte con le altre varianti, ma si tratta comunque di una buona notizia, considerato che in Italia siamo arrivati al 73,5% di persone vaccinabili che hanno già ricevuto due dosi e che, stando a quel che ha appena dichiarato il ministro della Salute Roberto Speranza, parlando a margine della presentazione di un libro, contiamo di “raggiungere l’obiettivo della copertura all’80% entro la fine di settembre”, eventualmente valutando “un’ulteriore estensione del green pass e dell’obbligo vaccinale, se necessario”.


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Cosa emerge dal primo studio

Sebbene la diffusione della variante delta abbia suscitato qualche paura rispetto a una possibile minore efficacia dei vaccini, i dati sembrano essere confortanti e puntare in un’altra direzione. Gli autori del primo degli studi appena pubblicati hanno esaminato i dati di circa 600mila pazienti contagiati da Covid-19 in 13 contee degli Stati Uniti in due periodi di tempo: dal 4 al 19 aprile scorsi, prima dell’arrivo della variante delta, e dal 20 giugno al 17 luglio, quando la variante era ormai molto diffusa.

I ricercatori hanno calcolato l’età media dei pazienti e misurato ospedalizzazioni e morti tra vaccinati e non vaccinati in questi due periodi di tempo. Ne è emerso che, in termini di infezioni, i soggetti pienamente vaccinati avevano una probabilità di infettarsi circa 11 volte minore (nel periodo pre-delta) rispetto ai non vaccinati, e che lo stesso rapporto è sceso a 4,8 volte nel periodo post-delta. Analoghe considerazioni valgono per le ospedalizzazioni (probabilità 13 volte minore pre-delta, 10 volte minore post-delta) e per le morti (probabilità 17 volte minore pre-delta, 11 volte minore post-delta).

Morale della favola: pur essendo meno potente contro la variante delta, il vaccino resta un’arma altamente efficace per il controllo dei contagi e la riduzione di ospedalizzazioni e morte. Gli autori hanno anche quantificato la diminuzione di efficacia: rispetto all’infezione, l’efficacia del vaccino passa (con la variante delta) dal 91 al 78%; rispetto all’ospedalizzazione, dal 92 al 90%; rispetto alla morte, dal 94 al 91%.

Le conclusioni delle altre ricerche

Il secondo studio, che si è concentrato su 33mila pazienti adulti ricoverati in ospedali e pronti soccorso, ha mostrato che questo calo di efficacia è più pronunciato nei soggetti anziani: l’analisi degli autori ha mostrato che l’efficacia media del vaccino nell’era post-delta si attesta attorno all’86% se misurata in tutte le classi di età, ma che vale 89% se si restringe il campione ai soggetti di età compresa tra 18 e 74 anni e 76% se si considerano solo gli over 75. Il terzo studio, infine, di dimensioni minori (è stato condotto su circa mille pazienti dei Veteran Affairs Medical Centers), ha mostrato, ancora una volta, una diminuzione dell’efficacia del vaccino con l’aumento dell’età dei pazienti, almeno rispetto alle ospedalizzazioni. Nel complesso, il vaccino è risultato efficace all’87% del prevenire le ospedalizzazioni (sempre da contagio con variante Delta), ma solo all’80% se si considerano i soli pazienti ultrasessantacinquenni.

Interpretare questi risultati non è banale: a oggi ancora non è chiaro se la diminuzione dell’efficacia del vaccino con l’età sia imputabile a una maggiore aggressività della variante delta, a una diminuzione delle difese immunitarie con il passare del tempo, o a entrambe le cose. Fatto sta che, al momento, il vaccino resta ancora l’arma di prevenzione primaria contro il virus e i suoi effetti.

Via: Wired.it

Credits immagine: Mufid Majnun on Unsplash

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