Nell’iscrizione si descriveva la compravendita di pali da tenda e vitelli.
Gli archeologi polacchi hanno fatto una straordinaria scoperta a Berenike, un antico porto situato sul Mar Rosso. Tra i resti di un luogo usato tra il I e il II secolo d.C. per seppellire gli animali del forte, sono stati trovati frammenti di corrispondenza romana risalenti a circa 2000 anni fa, destinati probabilmente all’ufficio di un centurione. Questo sito, evidentemente, veniva utilizzato anche per gettare vecchi materiali d’ufficio. Tra i ritrovamenti ci sono papiri contenenti brevi messaggi, ceramiche di origine italiana, monete romane e una fibula per abiti. Uno dei messaggi rinvenuti è stato scritto da un certo Petronio, che chiede a Lucinius, stanziato a Berenike, i prezzi di particolari beni. Un altro messaggio, forse di Lucinius a Hoasus, sembra un ordine di servizio: “Prendetevi cura di loro, in modo da fornire vitelli e pali da tenda”. Secondo l’archeologa che ha guidato la scoperta, vi è anche una richiesta particolare riguardo la spedizione: “Ti do i soldi, tu manda (le cose che ti ho chiesto) attraverso il dromedarius (legionario che si muove sui dromedari)”. Gli archeologi sospettavano da tempo che Berenike ospitasse un’unità militare. La presenza di soldati della Terza Legione della Cirenaica, noti per aver fermato l’espansione di Meroe in Nubia e sedato la rivolta di Gerusalemme nel 70 d.C., è ora confermata. L’imperatore Tiberio costruì Berenike poco dopo l’annessione dell’Egitto all’Impero Romano, utilizzandolo come porto commerciale e militare strategico. Il progetto “Non umani nella comunità di Berenike”, diretto dalla Prof.ssa Marta Osypińska dell’Università di Wrocław, ha rivelato dettagli affascinanti sulla vita in questa antica città. Questa scoperta arricchisce la nostra comprensione della presenza romana in Egitto e offre nuove prospettive sulle attività quotidiane, le relazioni commerciali e le operazioni militari dell’epoca.
Nel cimitero degli animali, situato nella periferia occidentale di Berenike, sono stati rinvenuti soprattutto ostraca, cioè frammenti di ceramica usati per scrivere messaggi e papiri che sono stati messi in sicurezza in attesa dell’epigrafista, il professor Rodney Asta dell’Università di Heidelberg. Con l’aiuto di sua moglie, ha assemblato un puzzle di mezzo metro per 30 cm, ricoprendo i papiri di vetro per permettere loro di espandersi e ricomporre diverse lettere, ora oggetto di attento studio. Questi ritrovamenti mostrano che i forti romani fungevano da punti di riferimento per la colonizzazione delle aree conquistate. I veterani, spesso assegnatari di nuove terre, dialogavano con gli ex colleghi nei forti per ottenere supporto e materiali necessari alla costruzione di abitazioni. Questo sistema permetteva a Roma di esercitare un controllo capillare del territorio attraverso i suoi ex soldati. I coloni, ricevendo dichiarazioni di buon servizio, ottenevano una sorta di investitura ufficiale che garantiva privilegi e considerazione pubblica nelle terre di frontiera. Resta incerto se il colono che ha scritto il primo messaggio chiedeva all’ex collega la vendita di animali e materiali. L’offerta di denaro suggerisce che non si trattava di un semplice rifornimento militare, ma di una transazione commerciale. Dunque la corruzione potrebbe aver giocato un ruolo, con il centurione che arrotondava il salario commerciando. Potrebbe anche darsi che i coloni richiedessero materiali al forte più vicino, con le cessioni a pagamento registrate come spese dell’amministrazione del forte stesso. Il tono del “ti pago” indica chiaramente che non ci si aspettava una cessione gratuita del materiale.
L’articolo Un team di archeologi potrebbe aver scoperto le prove di corruzione di un centurione romano sembra essere il primo su Scienze Notizie.