Per la prima volta sono state mappate le posizioni delle strutture a forma di nodo nel genoma umano, conosciute come i-motif. Queste forme insolite sono state segnalate per la prima volta nel lontano 1993, ma all’inizio sono state accolte con scetticismo. Tuttavia, la scoperta della loro frequenza e delle loro posizioni suggerisce che potrebbero svolgere ruoli cruciali nella salute umana, ma potrebbero anche essere coinvolte nello sviluppo di malattie.
La struttura a doppia elica del DNA è universalmente riconosciuta come un simbolo visivo della genetica. Tuttavia, negli anni ’90 i genetisti hanno iniziato a ipotizzare che questa struttura potesse essere interrotta da formazioni secondarie chiamate i-motif. Solo nel 2018 è stata confermata la loro esistenza al di fuori del laboratorio. Gli i-motif si formano quando le citosine sullo stesso filamento del DNA si legano tra loro anziché con le basi complementari sull’altro filamento, creando una struttura a quattro filamenti che sporge dalla doppia elica.
Il professor Daniel Christ dell’Istituto di Ricerca Medica Garvan ha spiegato che gli i-motif sono stati inizialmente scoperti in laboratorio in condizioni di provetta, che differivano leggermente da quelle presenti all’interno delle cellule. Tuttavia, una volta che è stato sviluppato un anticorpo specifico per rilevare gli i-motif, è stato dimostrato che queste strutture esistono effettivamente nelle cellule umane.
Uno studio condotto su piante ha rivelato che gli i-motif sono diffusi anche in organismi diversi. Alcuni schemi delle basi del DNA sembrano favorire la formazione di i-motif, ma la loro funzione e diffusione rimangono ancora oggetto di studio.
Il team di Christ ha mappato più di 50.000 siti i-motif nel genoma umano, riscontrandoli in tutti e tre i tipi di cellule esaminate. Questo numero elevato di i-motif conferma che queste strutture non sono solo un fenomeno di laboratorio, ma sono diffuse e probabilmente svolgono ruoli cruciali nella regolazione genica.
Le ricerche hanno evidenziato che gli i-motif sono associati a geni attivi in specifici momenti del ciclo cellulare, suggerendo un ruolo dinamico nella regolazione dell’espressione genica. Inoltre, si sono formati nella regione promotrice di oncogeni come il MYC, che è considerato un bersaglio importante nel trattamento del cancro.
La co-autrice dott.ssa Sarah Kummerfeld ha suggerito che potrebbero essere sviluppati farmaci mirati agli i-motif per influenzare l’espressione genica, offrendo nuove opzioni terapeutiche. Inoltre, se gli i-motif si formassero in risposta a specifiche condizioni ambientali, potrebbero rappresentare un altro modo in cui l’ambiente influenza il nostro patrimonio genetico.
Nonostante le potenziali applicazioni terapeutiche, il professor Christ ha sottolineato che attualmente non ci sono prove di trasmissione non ereditaria degli i-motif. Lo studio, pubblicato su The EMBO Journal, getta nuova luce su queste misteriose strutture del DNA e sul loro ruolo nel nostro genoma.
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