Perdere peso velocemente: gli effetti sulla salute (e sulla bilancia)

Mima-digiunochetogenicaanti-etàpaleo. Ogni anno, specie quando l’estate è alle porte, si torna a parlare di dieta per perdere peso. E ogni anno c’è chi promette risultati mirabolanti, ovvero dimagrimenti consistenti in tempi ridotti. È davvero possibile, e soprattutto è sicuro per la salute? La risposta breve è semplice: no. La risposta lunga e più circostanziata tocca diversi argomenti, tra cui fisiologia, biochimica, metabolismo, psicologia. Gli specialisti lo sanno bene, e lo ribadiscono a ogni falsa promessa: stavolta a farlo è stato Nick Fuller, esperto del Charles Perkins Centre Research alla University of Sydney, che in un editoriale recentemente pubblicato su The Conversation ha brevemente ricapitolato quello che sappiamo sulla scienza del perdere peso, cercando di sfatare dei luoghi comuni duri a morire e delle incomprensioni sulla questione.

Le basi

Partiamo dalle definizioni, tenendo comunque sempre presente che ogni dieta dovrebbe essere altamente personalizzata, dal momento che ciascuno ha gusti, esigenze, problematiche e stato di salute diversi, e dunque non esiste una formula magica universale: gli esperti – e le linee guida – concordano che il tasso raccomandato per la perdita di peso varia tra mezzo chilo e un chilo a settimana, il che corrisponde a un “dimagrimento lento”; cali di peso più rapidi possono dunque essere ascritti al dimagrimento veloce. Ciò premesso, quali sono le differenze? Uno studio condotto nel 2014 e pubblicato su Lancet Diabetes Endocrinology ha per esempio esaminato 200 persone assegnate casualmente a un programma veloce (12 settimane) o lento (36 settimane) di perdita del 15% del peso corporeo. Il primo gruppo ha seguito una dieta a bassissimo contenuto energetico, composta anche di frullati, barrette e zuppe; il secondo, invece, ha seguito una dieta che prevedeva un deficit di 500 calorie al giorno (ossia i partecipanti dovevano ingerire 500 calorie in meno rispetto a quelle che bruciavano). È andata così: la metà delle persone nel gruppo di dimagrimento lento e oltre l’80% di quelle nel gruppo di dimagrimento veloce ha effettivamente perso almeno il 12,5% del proprio peso corporeo; queste persone sono state poi sottoposte a una dieta di mantenimento, della durata di quasi tre anni, per valutare la persistenza della perdita. E tre quarti di loro, in entrambi i gruppi, hanno riguadagnato tutto il peso perso, il che sembrerebbe suggerire che l’aumento di peso non ha correlazione con la velocità di dimagrimento.

Chi va piano…

Ma c’è dell’altro, come sottolinea Fuller: “Quando si analizza il dimagrimento – dice l’esperto – bisogna tener conto di altri fattori oltre alla perdita di peso: per esempio il cambio di composizione corporea e la densità minerale delle ossa”. Ed è qui che il dimagrimento lento fa la differenza: diverse meta-analisi, infatti, hanno evidenziato che la perdita di peso “graduale” comporta una maggiore riduzione della massa grassa rispetto a quella veloce (che invece tende a “mangiare” di più i muscoli) e quindi un migliore rapporto tra massa grassa e massa muscolare; inoltre, il dimagrimento lento preserva meglio la composizione minerale delle ossa, diminuendo (sempre rispetto a quello veloce) il rischio di fragilità ossea o osteoporosi.

Un po’ di sano buonsenso

Appurato questo, qualche consiglio più generale su cosa fare e cosa non fare. Anzitutto, come dicevamo prima, è bene ricordare che ogni dieta dovrebbe essere altamente personalizzata, e soprattutto messa a punto da uno specialista. Evitare il fai-da-te, dunque, e diffidare delle promesse. Più concretamente, per sfatare qualche luogo comune: non rinunciare del tutto ai carboidrati – anche se si sta a dieta, infatti, gli esperti suggeriscono come circa la metà delle calorie debba provenire dai carboidrati, meglio se provenienti da cereali a chicco (grano, mais, avena, orzo, farro) e gli argomenti da loro derivati, come pane, pasta e riso. E ancora: non esagerare con le proteine, come ci aveva raccontato Stefania Ruggeri, ricercatrice e nutrizionista del Centro di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (Crea): “Le diete iperproteiche fai da te sono quindi sconsigliate perché gli alimenti di origine animale come carne, pesce, uova oltre alle proteine, che comunque apportano calorie, contengono i grassi saturi, quelli nocivi alla salute, per cui mangiare 700 grammi al giorno di carne e pesce non porta necessariamente al dimagrimento sperato”. Neanche mangiare solo cibo a basso contenuto di grassi è “automaticamente” una scelta salutare, dal momento che, come ricorda il National Health Service (Nhs) britannico, “alcuni prodotti a basso contenuto di grasso possono contenere anche alti livelli di zucchero”, il che implica che potrebbero non solo avere calorie pari o addirittura superiori a quelle dei prodotti tradizionali – per non parlare del fatto che anche i grassi, nella giusta quantità, sono necessari in una dieta equilibrata, in quanto coinvolti nella formazione delle membrane biologiche e in altri meccanismi.


Esistono diete per non invecchiare e vivere più a lungo?


Less is (not) more

Saltare i pasti potrebbe non essere una buona idea, soprattutto per questioni psicologiche: molti regimi restrittivi (come le diete mima-digiuno) fanno effettivamente dimagrire, ma sono difficili da mantenere nel tempo e ci possono far sentire “spossati e magari privi dei nutrienti essenziali – dice ancora l’Nhs – ma anche indurre effetti opposti al desiderato, portandoci a cercare cibi ad alto contenuto di grassi e zuccheri, assumendo alla fine più calorie dei quelle di cui abbiamo bisogno”. Il digiuno, o il quasi digiuno, dovrebbe insomma essere praticato solo “ogni tanto”, dice Ruggeri, e solo con il giusto allenamento: “Possiamo imparare anche a digiunare ogni tanto ma sempre con l’aiuto di un professionista, mai improvvisarci perché affaticheremmo l’organismo e la nostra mente, e manderemmo il corpo in confusione metabolica”. E infine, per tornare al quesito iniziale, non bisogna avere fretta, e “abituarsi a un’alimentazione diversa, a ripensare il concetto di cibo – conclude l’esperta – a riproiettare il cervello in un altro progetto e a far sì che il corpo riorganizzi il proprio equilibrio ormonale, dai livelli di insulina a quelli di leptina”.

Via: Wired.it

Credits immagine: i yunmai su Unsplash

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