Perché si torna a parlare dell’origine del coronavirus

Lo scambio di accuse tra Cina e occidente sull’origine di Sars-Cov-2 torna ad infuriare. Un rapporto d’intelligence americano, visionato dai giornalisti del Wall Street Journal, rivela infatti che tre ricercatori del Wuhan Institute of Virology sarebbero stati ricoverati in un ospedale della città nel novembre del 2019 (un mese prima del primo caso ufficiale di Covid-19), a causa di sintomi compatibili con l’influenza stagionale, e quindi, ovviamente, anche con un’infezione da Sars-Cov-2. Un’eventualità smentita dal governo cinese, ma destinata ovviamente a rinfocolare le polemiche (in realtà mai sopite) sull’origine della pandemia che da due anni sta mettendo in ginocchio il pianeta.

Si tratta dell’ultimo capitolo di una battaglia che infuria dalle primissime settimane dell’epidemia, quando l’allora presidente americano Donald Trump ha deciso di sposare la causa del virus sfuggito dal laboratorio di virologia di Wuhan, posto a poche centinaia di metri dal mercato considerato inizialmente come epicentro del primo focolaio della malattia. Una tesi dagli evidenti risvolti geopolitici, a cui la Cina ha sempre contrapposto la possibilità che il virus sia arrivato nel paese dall’estero, forse conservato nel pesce surgelato importato dall’Europa o dagli Stati Uniti.

Nonostante una comunità scientifica, almeno inizialmente, compatta nel sostenere un’origine naturale dell’epidemia (un contagio da animale a essere umano avvenuto in un momento e un luogo imprecisato), le polemiche sono proseguite per mesi, spingendo l’Oms a inviare una spedizione a investigare sul campo la questione. Le indagini, durate quattro settimane, si sono concluse a febbraio con una conferenza stampa, da molti giudicata fin troppo sensibile nei confronti delle posizioni cinesi, in cui gli esperti dell’Oms hanno dichiarato di ritenere “improbabile” l’errore di laboratorio come fonte dell’origine dell’epidemia, giudicando di contro “possibile” l’arrivo del virus dall’estero all’interno di cibo surgelato, ed “estremamente probabile” lo spillover da un ospite intermedio (il famoso pangolino) agli umani (opinioni poi confermate nel rapporto ufficiale).

La stessa Organizzazione mondiale della sanità non è apparsa particolarmente soddisfatta dalle conclusioni, con il direttore generale dell’organizzazione, Tedros Adhanom Ghebreyesus, che ha accolto il rapporto degli esperti precisando pubblicamente che tutte le ipotesi sull’origine del virus sono ancora sul tavolo. Poche settimane, e anche l’apparente unanimità della comunità scientifica ha iniziato ad incrinarsi: in una lettera pubblicata su Science 19 esperti internazionali hanno deciso di chiedere con urgenza nuove indagini sull’origine del virus, ritenendo insufficienti le prove accumulate fino a oggi, e definendo cruciale la soluzione dell’enigma, sia per farsi trovare preparati in caso di future pandemie, sia per fugare dubbi che inevitabilmente prestano il fianco alle più strampalate teorie del complotto.


Spillover, il nuovo coronavirus come Sars, morbillo ed Ebola ha origine animale


Se quasi nessuno scienziato ritiene infatti plausibile un atto premeditato all’origine della pandemia, la possibilità che un errore umano possa aver causato la fuga del patogeno dal laboratorio di Wuhan, dedicato proprio alla catalogazione e allo studio dei coronavirus dei pipistrelli, è ritenuto ormai più o meno universalmente impossibile da escludere senza condurre ulteriori ricerche, e senza una maggiore collaborazione da parte delle autorità cinesi. Lo stesso Antony Fauci, rispondendo a una domanda nel corso di un evento online, si è detto ora completamente a favore di ulteriori indagini sulla questione. Interrogato riguardo alle sue convinzioni sull’origine naturale del virus ha infatti risposto: “In realtà non ne sono convinto, penso che dovremmo continuare a indagare su ciò che è successo in Cina […] Certamente le persone che hanno svolto le indagini finora sostengono che sia emerso da un reservoir animale da cui il virus ha poi infettato gli esseri umani, ma potrebbe anche essere andata in modo diverso, ed è una questione che dobbiamo assolutamente chiarire. Per questo sono a favore di un’indagine”.

La questione non può dunque dirsi chiusa, ed è sicuramente destinata a tenere banco per i prossimi mesi, anche sulla scia di una rete di rapporti non del tutto trasparenti tra mondo della ricerca americano e l’istituto di virologia di Wuhan, che sta emergendo nelle ultime settimane. Un caso che ruota attorno alla figura di Peter Daszak, Presidente dell’Ong EcoHealth Alliance, che negli scorsi anni avrebbe raccolto milioni di dollari in finanziamenti dall’National Intitute of Health americano, per portare avanti ricerche sui coronavirus dei pipistrelli proprio in collaborazione con il Wuhan institute of Virology. Nonostante gli stretti legami con l’istituto, Daszak è stato tra gli autori della primissima presa di posizione scientifica, pubblicata sul Lancet a febbraio del 2020, in favore dell’origine naturale del virus, dimenticando però di rivelare il suo conflitto di interessi. Una dimenticanza reiterata anche quando è stato scelto dall’Oms per partecipare alle indagini sul campo sull’origine del virus, e che ora non fa che gettare ulteriori dubbi sull’affidabilità del rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità.

Via: Wired.it

Creditsi mmagine: PIRO4D via Pixabay

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