Il trapianto fecale è una procedura che prevede l’utilizzo di feci da un donatore (opportunamente preparate e controllate) e la loro infusione in un paziente. L’idea è di trasferire un concentrato di microrganismi sani, utili a curare un’alterazione profonda del microbiota dell’ospite. A oggi la tecnica è utilizzata nella pratica clinica solo nel trattamento di infezioni di Clostridium difficile, ma sono tanti i campi in cui i ricercatori ne stanno testando le potenzialità (anche con variazioni sul tema). Per esempio c’è chi crede che possa essere utile per i bambini nati da parto cesareo, come strategia per rafforzare il loro sistema immunitario. Sebbene possa sembrare un’idea stravagante, l’idea è dare ai piccoli quei microrganismi intestinali e vaginali che sarebbero normalmente ereditati durante il parto naturale. Come racconta oggi Nature, risultati preliminari di un nuovo trial clinico che prevede la somministrazione di un mix di latte e feci materne a questi bambini, sembrano confermare le potenzialità del trattamento.
Latte e microrganismi fecali
Una adeguata colonizzazione microbica durante i primi mesi di vita è fondamentale per lo sviluppo del sistema immunitario. Ed è noto che i bambini nati da parto cesareo hanno un microbiota intestinale alterato, potenzialmente causa di malattie nell’infanzia. Come replicare allora una colonizzazione buona nel caso in cui venga a mancare naturalmente? Mescolando feci materne diluite nel latte, prima di somministrali ai neonati subito dopo la nascita. E’ stata questa l’idea di un gruppo di ricercatori finlandesi attivi da tempo nel campo, su un totale 31 neonati (metà di loro hanno ricevuto solo un placebo, come controllo). I primi risultati hanno mostrato che già a partire dal secondo giorno il microbiota dei due gruppi cominciava a differenziarsi e così rimaneva nei mesi a seguire, dopo un’iniziale similitudine alla nascita, riferisce Nature.
Sicurezza e prospettive future
Le feci prelevate dalle madri – così come avviene da un qualsiasi donatore usato per trapianti fecali per il trattamento di infezioni gravi – sono controllate. Si deve infatti poter escludere la presa di batteri resistenti o peggio ancora di patogeni, per assicurare la sicurezza della procedura, ribadiscono gli stessi autori. Ed è per questo che scoraggiano iniziative autonome di trapianti fecali in tutte le sue possibili varianti: un timore purtroppo reale, come denunciava tempo fa un pezzo su The Conversation, riportando l’esistenza di tutorial per riprodurre da sé la procedura. Oltre a questo, i ricercatori sottolineano che, al di là del carattere molto sperimentale della procedura, non è detto che un simile approccio possa essere adatto a tutti i bambini nati da cesareo e che sarà necessario individuare le popolazioni di neonati più adatti a riceverlo.
L’articolo Perché si studia il trapianto fecale per i neonati da parto cesareo sembra essere il primo su Galileo.