Microrganismi, visti da vicino non sono né buoni né cattivi

La pubblicità dei detersivi ci presenta spesso i batteri come dei mostriciattoli dalla faccia cattiva annidati nel water o sulla cucina e ci invita a sterminarli, per una igiene totale, con uno spruzzetto del loro prodotto. Ma, spiega Stefano Bertacchi, giovane ricercatore in Biotecnologie industriali, è impossibile rendersi conto della quantità di microrganismi, invisibili esseri viventi che si trovano ovunque, sugli oggetti d’uso come sui tasti del computer, sulle mani come su tutta la pelle, all’interno del corpo e in ogni anfratto del nostro mondo: sterminarli è impossibile e se pure si riuscisse a farlo questo sarebbe estremamente dannoso per la nostra stessa esistenza.

La loro presenza nel mondo è antichissima: sono le prime forme di vita di cui gli umani hanno conoscenza e da allora i microrganismi si sono evoluti e differenziati in una molteplicità di specie, diffuse nell’aria, nelle nuvole, nel terreno, nei fondali oceanici. Ingranditi più di mille volte da un buon microscopio ottico i microrganismi hanno cominciato a diventare visibili verso la fine del 1600, lasciando stupefatti e incuriositi i loro osservatori: oggi i microscopi a trasmissione possono ingrandirli fino a 400.000 volte, dando la possibilità di conoscere nei dettagli la loro struttura interna.

Stefano Bertacchi

Piccoli geni. Alla scoperta dei microrganismi

Hoepli Microscopi, 2021

pp. 148, € 12,90

Variamente classificati nel tempo, gli antichi animalcules vengono oggi distinti in eucarioti, batteri e archea (Woese, 1990) e, all’interno di questi grandi domìni, gli studiosi tentano di dare una etichetta ad ogni singola specie, dopo aver identificato nel loro DNA sequenze distintive caratteristiche. L’insieme dei microrganismi che convivono in un dato ambiente viene definito come microbiota, mentre l’insieme dei DNA del microbiota viene definito come microbioma.

Bertacchi si diverte a stupirci e a interessarci, a partire dai nomi piuttosto stravaganti con cui sono state classificate alcune specie presenti nei diversi microbioti, fino a raccontare le “tremende” condizioni in cui alcune specie vivono e si riproducono; ripropone la definizione degli olobionti cioè degli organismi – come l’essere umano – di cui una parte cospicua è formata da microrganismi che vivono e convivono nel loro ambiente interno. Per non contare tutti quelli diffusi sulle superfici esterne.

Proprio per la specie umana si sta studiando la connessione tra il microbiota e l’insorgenza di malattie di vario tipo, da quelle neurologiche fino alla obesità. Ma tutte le piante e tutti gli animali sono di fatto olobionti, e la vita degli organismi detti “superiori” sarebbe impossibile senza la stretta convivenza e dipendenza da quelli “inferiori”. Nelle piante, ad esempio, i microrganismi abitano le foglie (circa 1026) e le cortecce ma soprattutto le radici; le molecole da loro prodotte determinano le caratteristiche di un ambiente sotterraneo chiamato rizosfera che si modifica nel tempo, sensibile al variare delle condizioni esterne.

E se alcuni microrganismi sono patogeni per l’essere umano, da altri ceppi si ottengono farmaci capaci di guarire importanti malattie, come la nistatina prodotta da uno Streptomices che uccide la Candida responsabile di diverse infezioni. Ci sono microrganismi che producono metano ed altri che lo degradano, alcuni che distruggono le materie plastiche ed altri necessari per sintetizzare prodotti biodegradabili. Pane, birra, formaggi sarebbero impensabili senza i vari tipi di fermentazione batterica o fungina, ed anche le lacrime di sangue prodotte da alcune Madonne non potrebbero apparire senza il pigmento rosso formato da un batterio, Serratia marcescens, che è anche patogeno.

La maggior parte dei microrganismi, dunque, non sono né buoni né cattivi, anche se gli umani hanno utilizzato alcuni ceppi come armi biologiche, e alcuni effetti del riscaldamento globale, come la fusione del permafrost, hanno liberato dalle carcasse degli animali scongelati il Bacillus anthracis, pericoloso per la nostra specie. Altri ceppi sono stati modificati geneticamente per ottenere farmaci, alimenti e varie sostanze utili per la nostra specie: per esempio alcuni OGM si sono rivelati fondamentali nella lotta all’epatite B e al papilloma virus.

Di questo mondo microbico, conclude Bertacchi, se ne sa ancora molto poco, sia perché non si conosce la quasi sterminata varietà di specie presenti sul pianeta (e bisognerebbe fare attenzione a non esportarne alcune su Marte o altrove) sia perché molti degli ambienti da queste abitati sono proibitivi per l’essere umano. Portare il tema della comunicazione microbiologica all’interno della comunità scientifica può avvicinare persone al mondo della ricerca sia attraverso le nuove splendide immagini su Instagram sia attraverso piccoli piacevoli libri come questo.

Credits immagine di copertina: Science in HD on Unsplash

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