Lì dove arte contemporanea e neuroscienze si incontrano

Ricordando la nota separazione tra cultura scientifica e cultura umanistica individuata fin dal 1959 da P. Snow, Eric Kandel, famoso neurofisiologo, si impegna ad individuare, in questo volume di qualche tempo fa, un punto di incontro tra neuroscienze e arte contemporanea, ragionando su come questi due aspetti del pensiero possono influenzarsi a vicenda. Secondo Kandel, infatti, “Se il processo artistico è spesso rappresentato come pura espressione della fantasia umana, io mostro che gli artisti astratti spesso raggiungono i loro obiettivi ricorrendo a metodologie simili a quelle usate dagli scienziati”.

I due ambiti sono infatti caratterizzati da un approccio riduzionista molto simile. E se l’arte contemporanea, riducendo l’aspetto figurativo, ci consente di percepire in modo isolato una forma, una linea, il colore o la luce come componente essenziale di un’opera, la scienza propone un approccio selettivo nello studio delle differenti variabili che caratterizzano un fenomeno permettendo così sia una maggiore obiettività, sia una descrizione più accurata della natura delle cose. Kandel alterna pagine di documentazione scientifica a commento dell’analisi delle opere d’arte rendendo e arricchisce così la conoscenza e il significato in entrambi i campi.

Eric R. Kandel
Arte e neuroscienze. Le due culture a confronto.
Raffaello Cortina Editore, 2017
pp. 249

Fino al XX secolo, l’arte occidentale aveva tradizionalmente rappresentato su una superficie piana il mondo tridimensionale, sviluppando con le regole della prospettiva immagini di cui fosse possibile riconoscere il significato; l’arte astratta ha messo profondamente in crisi la necessità di queste rappresentazioni, ed ha invece esplorato in modo assolutamente originale il rapporto reciproco tra forme, spazi e colori che pure costruiscono dei modi di guardare emotivamente significativi.

Se, dal punto di vista delle neuroscienze, la ricerca può descrivere come le diverse zone del cervello percepiscono e rispondono a un’opera d’arte, elaborare una teoria della visione e interpretare l’esperienza sensoriale analizzando con complessi strumenti le interazioni tra neuroni, la psicologia dell’arte, rappresentata da studiosi come Kris, Riegl e Gombrich sostiene che l’arte è incompleta senza il coinvolgimento dell’osservatore. Se l’artista trasforma la rappresentazione tridimensionale del mondo visivo nell’immagine figurativa bidimensionale sulla tela, l’osservatore lo interpreta in termini personali, aggiungendo senso all’immagine sulla base delle proprie esperienze e dei propri conflitti. Così Gombrich sostiene che il nostro cervello prende l’informazione incompleta sul mondo esterno ricevuta dagli occhi e la completa attribuendovi un significato: “il mondo così come lo vediamo è un costrutto edificato lentamente da ognuno di noi in anni di sperimentazione”(1960).

Il funzionamento del cervello, infatti, sviluppa due modalità di informazione:una prima informazione bottom-up pre-attenzionale si fonda essenzialmente sui processi percettivi e analizza rapidamente le caratteristiche globali di un oggetto – come la sua forma e la sua trama- e distingue tra figura e sfondo. A questo segue un processo, top-down attenzionale, collegato alle funzioni mentali e cognitive di ordine superiore, che integra l’informazione proveniente da più regioni del cervello per dare un senso a ciò che è stato visto. Questa seconda fase attiva i processi cognitivi che modificano le strutture cerebrali come l’attenzione, l’apprendimento e la memoria. “Davanti ad un opera di arte astratta – spiega Kandel- l’osservatore deve sostituire il processo di pensiero primario – il linguaggio dell’inconscio, che forma facilmente connessioni tra oggetti e idee diversi e non ha bisogno di tempo o spazio – al processo di pensiero secondario, il linguaggio dell’io cosciente, che è logico e richiede tempo e coordinate spaziali.

La risposta all’arte non dipende quindi solo da processi percettivi innati bottom-up, ma anche dalle associazioni top-down e dall’apprendimento, costruito nel tempo dai cambiamenti nella forza sinaptica tra neuroni sviluppata con l’esperienza e con l’età. In particolare, l’arte astratta dà maggior peso all’elaborazione top-down delle emozioni, della immaginazione e della creatività, e questa viene continuamente modificata dall’esperienza. Nella visione dell’arte l’astrazione deforma le normali abitudini percettive e modifica le aspettative su ciò che potremmo vedervi.

Presentando interessanti riproduzioni delle opere che via via vuole interpretare, Kandel analizza i diversi movimenti artistici e le attività di autori che, nel‘900, hanno sviluppato il passaggio dall’arte figurativa all’arte astratta adottando un approccio riduzionista. In particolare, descrive le particolar tecniche di Willem de Kooning, Jackson Pollock e Mark Rothko e del loro collega Morris Louis, esponenti dell’Espressionismo astratto della Scuola di New York, che decostruivano un oggetto o un’immagine per concentrarsi su una o al massimo alcune sue componenti e cercare la ricchezza in un modo nuovo di esplorarle. Se il pubblico non riusciva a trovare significati, i teorici teorizzavano: perché la pittura deve essere una rappresentazione letterale del mondo? Perché per esprimere noi stessi, bisogna descrivere la natura realisticamente? Prendendo esempio dall’attività di Schoenberg, sia come compositore che come pittore, gli artisti astratti scorgevano analogie tra il loro lavoro e la musica, che non ha alcun contenuto concreto, non è interessata a replicare suoni presenti in natura, usa elementi sonori astratti e la suddivisione del tempo, eppure coinvolge enormemente chi la ascolta.

All’approccio riduzionista dei pittori gestuali, de Kooning e Pollock (esponenti dell’action painting), e a quello a campi di colore, Rothko, Louis e Newman, si affianca a quello di Mondrian basato su forme geometriche semplici. La riduzione dell’aspetto figurativo può incoraggiare le capacità immaginative dell’osservatore che partecipa così alla elaborazione dell’opera d’arte e permette agli artisti di inserire nei dipinti più componenti emotive e concettuali: la rabbia, il dolore, l’amore. Inoltre le nuove idee sullo spazio spesso combinano simboli grafici visivi con sensazioni tattili, grazie alla superficie tridimensionale della pittura stessa. Da parte loro le neuroscienze analizzano il problema centrale della visione distinguendo la sensazione, legata al processo bottom-up e al funzionamento del sistema visivo, dalla percezione più strettamente legata all’elaborazione top-down cioè ai processi di integrazione che hanno origine nella corteccia prefrontale. Ed è stato specificamente studiato come le basi biologiche dell’effetto che il colore ha sulla risposta emotiva a un’opera d’arte risiedano nelle connessioni del sistema visivo con altri sistemi cerebrali.

Dunque l’arte astratta ci sfida a interpretare un’immagine fondamentalmente diversa da quelle che si sono costruite evolutivamente nel nostro cervello, stimolando il nostro sé creativo e incoraggiando spesso le capacità di evocare riferimenti mistici, paranormali o religiosi. Kandel commenta: Come appare dall’opera di Mondrian e dei pittori a campi di colore come Rotko, Louis e Newman, l’informazione top-down coinvolge i sistemi cerebrali che si occupano dell’emozione e dell’empatia, come pure della percezione visiva e contribuisce al senso di edificante spiritualità che l’arte astratta può indurre in ciascuno.

Ma difficilmente le interpretazioni di queste opere sono univoche o facilmente condivisibili. La percezione visiva è un processo mentale elaborato e la teoria della visione insegna che noi percepiamo il colore sulla base della luminanza, cioè della quantità di luce che arriva sulla retina. Questo spiega perché persone diverse hanno esperienze precedenti diverse, costruite sia sulla intensità che sulla composizione in lunghezze d’onda della luce che vedono; e sviluppano quindi aspettative diverse e diverse modalità di interpretazione. Ovviamente, ancora più diversi sono, tra le persone, i processi top-down che controllano l’attenzione, l’empatia e il gusto estetico.

In conclusione, si possono citare le parole rivolte da James Turrell ai suoi spettatori, perché meritano una riflessione: “Il mio lavoro non ha oggetto, nessuna immagine e nessun fuoco. Con nessun oggetto, nessuna immagine e nessun fuoco, che cosa state guardando? State guardando il vostro guardare. Ciò che per me è importante è creare un’esperienza di pensiero senza parole”.

Credits immagine: ian dooley on Unsplash

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