L’autonomia a scuola parte dal modo di insegnare

L’anno scolastico 2020/2021 è in dirittura d’arrivo, e probabilmente è stato, in era moderna, il più complicato che ci siamo ritrovati ad affrontare. Gli studenti e gli insegnanti si sono dovuti adattare a nuove metodologie, un nuovo modo di fare didattica e hanno dovuto fare i conti con continui cambi organizzativi. Com’è stato a livello didattico l’impatto su ragazzi e ragazze? Ne abbiamo parlato con Elisabetta Nigris, docente di Didattica generale e Progettazione didattica e valutazione all’Università degli studi di Milano-Bicocca, curatrice della nuova collana di Giunti Edu “I saperi essenziali”, tre volumi incentrati su scienze, geografia, storia, indirizzati agli studenti delle classi terze della scuola secondaria di primo grado, con l’obiettivo di rendere più facile comprendere, memorizzare, studiare e ripassare.

Il sistema scuola, dopo questa esperienza, sarà più quello di primo?
Sicuramente non si potrà tornare al passato come se non fossimo passati attraverso questa esperienza epocale. O, almeno, dovrebbe essere così. Anche se non tutti i docenti sembrano aver colto questi aspetti, l’immersione nella DAD ha messo in luce non solo la necessità di aggiornarsi sull’uso delle tecnologie didattiche, ma soprattutto ha fatto emergere l’importanza dell’aspetto comunicativo nella didattica e, ancora prima, la centralità della relazioni educativa come perno su cui costruire il processo di insegnamento/apprendimento. E sopra ogni cosa, questo periodo ha richiamato l’attenzione sulla necessità non più prorogabile di ripensare i contenuti scolastici, selezionando quelli essenziali, partendo dai nuclei tematici fondamentali per le diverse discipline.

Ci racconta come è nata l’idea di questa collana e quali sono le principali caratteristiche de “I saperi essenziali“.
Ricollegandoci a quanto detto, già la scuola in presenza evidenziava la ridondanza dei contenuti trattati nella scuola italiana, una scuola che punta ancora sul concetto di esausitività dei contenuti, sul loro accumulo quantitativo direi, e non sull’apprendimento concettuale che si fonda invece, come dicevo sui nuclei tematici e concettuali individuati dagli esperti della disciplina. Gli studenti della scuola italiana si ritrovano spesso disorientati di fronte a libri di testo costruiti proprio sul principio dell’esaustività e sulla erronea concezione che sia possibile “coprire” tutti i contenuti di una disciplina. Questa difficoltà genera due ordini di problemi: in primis il fatto che questi contenuti sono trattati in modo superficiale, che provoca nei ragazzi uno studio di tipo mnemonico ed elencativo, oppure eccessive semplificazioni non sempre corrette, che permettono loro di dominare materiali e contenuti non accessibili. Ne deriva che la possibilità di comprendere e elaborare i contenuti dipende dal fatto di ricevere aiuti a casa. La collana “Saperi essenziali” vuole invece da un lato selezionare i contenuti secondo criteri epistemologici appropriati per quella disciplina, dall’altro accompagnare i ragazzi nella costruzione di un metodo di studio e di un apprendimento efficace.

Uno degli obiettivi della collana è quello di rendere gli studenti più autonomi. Qual è il livello di autonomia degli studenti di oggi? Ha dei suggerimenti per educarli a praticarla?
Raramente gli studenti possono mettere in atto un lavoro autonomo per le ragioni che abbiamo sopra illustrato da cui scaturisce una fortissima sperequazione: da un lato ragazzi perseguiti, in cui il genitore può arrivare addirittura a sostituirsi ai figli per permettere loro di avere successo a scuola. Dall’altro lato, ragazzi che provengono da famiglie svantaggiate (economicamente, culturalmente e/o linguisticamente), che si trovano spiazzati e soli di fronte ad un approccio contenutistico e di fronte a testi non accessibili. L’autonomia dei ragazzi parte da un approccio all’insegnamento/apprendimento fondato sulla partecipazione attiva dei ragazzi in classe, sulla possibilità che già a scuola gli studenti possano operare scelte, organizzarsi e coordinarsi fra loro, in un contesto in cui il docente è presente e può guidare, sostenere, e anche correggere i percorsi intrapresi dagli allievi. In altre parole, è necessario che i docenti sostengano questo impegno sul metodo di studio in classe e che cambi l’impostazione dei libri di testo.

Quali sono le regole di base che ogni studente dovrebbe seguire per rendere lo studio il più possibile efficace? E quali consigli può dare ai genitori?

Queste strategie sono le stesse che abbiamo cercato di applicare nei testi “Saperi essenziali”. Partire da domande e da curiosità che stanno all’origine degli studi che hanno costruito i saperi disciplinari; individuare relazioni e collegamenti fra i diversi contenuti e concetti per ricostruire i passaggi della costruzione dei saperi concettuali, ma soprattutto captare collegamenti fra quei contenuti e il mondo/i mondi in cui i ragazzi sono immersi (immagini, ricordi, esperienze…). Ma tutto ciò da soli non possono impararlo. Poi, autonomamente, se saggiamente guidati nella costruzione del metodo di cui abbiamo parlato, poi possono trovare strategie più individuali: raccontare (più che ripetere) ad altri quello che abbiamo imparato; prendere appunti, costruirsi mappe (autonomamente e non date da altri) in cui ritrovarsi, ecc.

La collana si propone di essere una guida utile per il ripasso generale anche in vista dell’esame finale. In futuro pensate di realizzarla anche per gli altri anni scolastici, come supporto ad esempio per gli studenti DSA?
Non poniamo limiti alla provvidenza… a parte gli scherzi, volendo essere molto ambiziosi, credo che sia importante ripensare nel suo complesso l’editoria scolastica.

Fare in modo che i ragazzi si appassionino alle discipline che la scuola propone: se la sente di dare un consiglio agli insegnanti? E cosa si può fare a casa per alimentare questa passione?
Domanda da mille punti, su cui sarebbe necessaria una formazione a lungo termine dei docenti (prima e dopo l’entrata in servizio) ma, se volessimo essere lapidari, credo che la condizione sine qua non è che la passione parta dai docenti, che loro stessi siano in grado di scoprire il segreto delle loro discipline, il fascino da cui partono gli studi e le ricerche nel campo disciplinare in cui loro operano. Dall’altra parte per la possibilità di appassionare i giovani dipende anche dal fatto che guardiamo anche ai ragazzi con curiosità, con il desiderio di capirli, di conoscere i loro mondi, di avere accesso ai loro linguaggi e ai loro interessi per farne nascere di nuovi, culturalmente più ampi e più profondi. Si tratta di scoprire e adottare strategie, metodologie attive e strumenti didattici differenziati che per molti insegnanti sono ancora sconosciuti, perché così concentrati ancora su un insegnamento di tipo frontale, poco dialogico e partecipativo, e schiacciato su uno studio contenutistico.

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