La fusione nucleare

Voglio cominciare da questa citazione della Hack quando ancora si parlava poco e niente della fusione nucleare. Ma serve a dara una idea da che parte sta la scienza.

Margherita Hack
“Credo che intanto si dovrebbero sfruttare al massimo le energie rinnovabili, il solare, che e’ utilizzato più dalla Svezia che dall’Italia, che è il paese del sole. Le rinnovabili non saranno sufficienti per i bisogni sempre crescenti dell’industria, quindi bisognerà per forza ricorrere al nucleare.
Ci sono molte paure anche irrazionali, e irragionevole, anche scientifica, per l’energia nucleare, per gli Ogm. Quello per cui invece bisogna essere prudenti e’ stabilire bene modalità e luoghi dove mettere le scorie”. “Io sono un’ambientalista – conclude – so che l’energia nucleare inquinerebbe molto meno dell’energia a petrolio, a metano e a carbone, a cui dovremmo comunque ricorrere, a cui ricorriamo effettivamente visto che non disponiamo del nucleare. Essere a favore del nucleare da un punto di vista scientifico non vuol dire certo essere a favore di Berlusconi”.

La fusione nucleare è attualmente considerata una delle opzioni utili per garantire una fonte di energia di larga scala, sicura, rispettosa dell’ambiente e praticamente inesauribile. (Enea)

La fusione nucleare è l’unica fonte di energia che può da sola colmare il fabbisogno di energia mondiale.

L’Italia è tra i pionieri della ricerca sulla fusione. Le attività, avviate già alla fine degli anni 50 nel Centro di Frascati, erano inizialmente dedicate alla sperimentazione sui plasmi e si sono poi evolute verso un complesso sistema di fisica, tecnologia e ingegneria che vede l’ENEA come protagonista e come coordinatore del programma nazionale.

La strada verso la fusione nucleare, nonostante i numerosi progetti in corso, sembra ancora molto lunga. Eppure, la ricerca su come riuscire a imitare il modo in cui il Sole e le stelle producono energia sembra oggi aver fatto un enorme passo in avanti.

La fusione nucleare, ricordiamo, è un’arma importantissima per avere enormi quantità di energia pulita e riuscire finalmente a mitigare il riscaldamento globale: una centrale a fusione, infatti, non brucia combustibili fossili e non produce emissioni di gas serra e scorie radioattive. In pratica, la reazione consiste nella fusione di diversi isotopi dell’idrogeno a temperature elevatissime, in un processo che porta l’elemento a perdere gli elettroni e a formare il plasma di ioni, per produrre immense quantità di energia e atomi di elio (scarto di reazione), senza aver bisogno di ulteriori input di energia. Perché la fusione sia possibile i nuclei devono essere avvicinati tra loro, impiegando una grande energia iniziale per superare la repulsione elettromagnetica. 

Lo sfruttamento dell’energia di fusione per l’elettricità su scala industriale, precisano i ricercatori, richiede il confinamento del plasma a temperature “sufficientemente calde” per un periodo di tempo “sufficientemente lungo” da consentire le reazioni di fusione. E l’attuale reattore di Tae, chiamato Norman, ha quasi raddoppiato i suoi obbiettivi prefissati, dimostrando su oltre 600 test al mese, prestazioni costanti fino a raggiungere oltre 50 milioni di gradi necessari per raggiungere quell’ “abbastanza caldo”.
I moderni rattori al plasma non funzionano come un tradizionale tokamak, ovvero il reattore a forma di ciambella all’interno del quale avviene la reazione di fusione, ma si serve di un meccanismo che produce e confina il plasma

Il plasma è una sostanza melmosa e la sfida è proprio quella di contenerlo”. I ricercatori, infatti, utilizzano elementi come idrogeno e boro per la reazione in uno speciale reattore (Cbfr), che, quando si scalda il gas, porta a formare due anelli di plasma che vengono poi tenuti insieme.

Servirà una più ampia conoscenza scientifica sul “comportamento del plasma, intelligenza artificiale, apprendimento automatico, elettronica più veloce, diagnostica migliorata, cicli di feedback più brevi, scienza dei materiali: l’elenco potrebbe continuare.

Tae prevede che questo periodo di tempo sarà entro la fine del decennio”.

Ora bisogna solo dare tempo al tempo. E confidare che non prevalga l’ignoranza degli ambientalisti anti nucleare, la resistenza dei comuni ad accogliere i reattori sul proprio terreno, la miopia dei politici.

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