La controversia genetica nel pugilato femminile: tra equità sportiva e diversità genetica

La controversia genetica nel pugilato femminile: tra equità sportiva e diversità genetica
Una lotta di 46 secondi sta ancora generando opinioni quasi due settimane dopo. (Tiko Aramyan/Shutterstock.com)

La rabbia scatenata dall’abbandono di Angela Carini durante un combattimento con Imane Khelif ai Giochi Olimpici di pugilato femminile ha sollevato questioni che vanno oltre il semplice contesto sportivo. Molti commenti sull’ammissibilità di Khelif nel pugilato femminile hanno toccato temi legati alla genetica, suscitando dibattiti accesi. La Professoressa Jenny Graves, esperta di cromosomi sessuali dell’Università di Latrobe, è stata intervistata da IFLScience in merito a queste controversie.

Alcuni oppositori dell’inclusione di Khelif e Lin Yu-ting nel pugilato femminile alle Olimpiadi hanno erroneamente sostenuto che entrambe fossero transgender. Tuttavia, entrambe le pugili sono considerate femminili fin dalla nascita, senza alcuna prova che ciò sia stato contestato in passato.

Le obiezioni successive si basavano sull’ipotesi che entrambe le atlete avessero cromosomi XY, suggerendo la sindrome di Swyer. Questa condizione, definita come Disturbo dello Sviluppo Sessuale, può portare a genitali femminili nonostante la presenza di cromosomi XY tipicamente associati al sesso maschile.

Test effettuati dall’Associazione Internazionale di Pugilato hanno portato alla squalifica di Khelif e Yu-ting dai Campionati Mondiali di Pugilato Femminile del 2023, ma i risultati di tali test non sono stati resi pubblici. La presunta presenza di cromosomi XY non è stata confermata, e la sindrome di Swyer non è l’unica condizione che può combinare cromosomi XY con genitali femminili.

La controversia, sebbene legata alla genetica, solleva anche questioni sociali. Conor MacDonald dell’Università del Sud Australia ha evidenziato come lo sport spesso rifletta un pensiero binario, con conseguenze che possono escludere la diversità.

Graves, con la sua vasta esperienza nella genetica, ha sottolineato la complessità dei cromosomi sessuali e la variazione genetica che può influenzare le caratteristiche fisiche e le capacità atletiche. La presenza del gene SRY non è l’unico fattore determinante nel definire il genere e le prestazioni sportive di un individuo.

La regolamentazione delle competizioni sportive in base alle caratteristiche genetiche solleva sfide etiche e pratiche, con Graves che mette in discussione la possibilità di garantire un campo di gioco equo considerando le molteplici variazioni genetiche presenti.

Il dibattito sull’inclusione e l’esclusione degli atleti in base alla genetica rimane aperto, con la necessità di trovare un equilibrio tra equità sportiva e rispetto della diversità genetica e di genere.

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