Il principio di indeterminazione di Heisenberg messo in discussione

Il principio di indeterminazione di Heisenberg messo in discussione
| Il principio di indeterminazione di Heisenberg | impulsi di luce di attosecondi |
| dubbi | dualismo dell’elettrone | onde di probabilità di Schrodinger |
| conclusione |

Il principio di indeterminazione di Heisenberg afferma che non è possibile determinare con precisione arbitraria e contemporaneamente due variabili coniugate, ossia non è possibile conoscere con esattezza e contemporaneamente due variabili quali posizione e quantità di moto di una particella.

Il problema è nato nel momento in cui si è posta la domanda se era possibile trovare un elettrone e la sua velocità (quantità di moto) in un punto x.
Il principio di Heisenberg lo esclude. A questo proposito c’è tutta una spiegazione che è puramente teorica.

Nella forma più nota, il principio viene espresso dalla relazione:

Dove ∆x rappresenta la sua posizione, ∆p è la sua quantità di moto, ℏ è la costante di Planck ridotta. (ℏ = h/2π = 6.582 * 10-16 eVs).
In altre parole la minima distanza e la minima incertezza nel determinare la sua quantità di moto deve essere maggiore o uguale alla metà del valore della costante ridotta di Planck.

Vista la grandezza estremamente piccola della costante di Planc ecco il motivo della impossibilità di determinare il comportamento di un elettrone nell’atomo, per esempio di idrogeno.

Praticamente il principio di indeterminazione mette in discussione il concetto stesso di misura di una grandezza fisica.

Il 3 ottobre 2023, il premio Nobel della fisica è andato a Pierre Agostini, Ferenc Krausz e Anne L’Huillier per “i metodi sperimentali che generano impulsi di luce di attosecondi per lo studio della dinamica degli elettroni nella materia”.

Il prefisso atto sta al posto di 10 elevato alla meno diciottesima potenza (10-18).
Praticamente sono i segnali più brevi mai generati.

Immaginate le pale di un ventilatore che girano molto rapidamente. A occhio nudo non sareste certamente in grado di distinguere la singola pala che gira, e vedreste piuttosto soltanto un oggetto indefinito.

Ma supponiamo che aveste in dotazione una macchina fotografica in grado di aprire l’otturatore per un novantesimo di secondo, ebbene una foto scattata in questo modo vi consentirebbe di “immortalare” la pala.

Ora sostituite il ventilatore con atomi e molecole, e le pale con elettroni; I tre scienziati hanno consentito di emettere lampi di luce così brevi da riuscire a immortalare, a “immobilizzare”, il moto degli elettroni all’interno degli atomi e delle molecole.

Se con questi impulsi di luce di attosecondi riusciamo a determinare il comportamento di un elettrone nell’atomo di idrogeno, allora possiamo dire che il principio di indeterminazione è superato?

Dapprima, quasi timidamente per non essere irrispettosi verso Heisenberg, successivamente è nata una ampia discussione su questo interrogativo.

Anche Einstein qualche dubbio ce l’aveva.
Per il semplice fatto che lui che ha inventato la relatività, ci ha insegnato che tutto dipende dal sistema di riferimento.

Infatti, abbiamo due sistemi di riferimento diversi. Il nostro macroscopico e quello sub nucleare. È come se volessimo misurare frazioni di millimetro con un metro, misurare la velocità dell’elettrone con un cronometro. A dimensioni sub nucleari non ci sono metodi o strumentazioni che possano calcolare posizione e velocità dell’elettrone.

Per determinare posizione e velocità dovremmo viaggiare assieme all’elettrone, quindi con lo stesso sistema di riferimento e di misurazione.

Per raggirare questo ostacolo i tre premi Nobel hanno pensato di fare un FERMO IMMAGINE con impulsi di luce di attosecondi.

Ma cosa dicono gli scienziati su questo argomento? Basta questo per mettere in discussione il principi di indeterminazione?
Una gran quantità di fisici teorici, laureati in fisica, studenti in fisica, si sono tutti impegnati a farci lezioni di fisica quantistica. Ma nessuno ha saputo dare una valida spiegazione. Tutti a difesa del principio perché siamo tutti figli di quella scuola.

Per l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) il concetto è questo: «seguire» il moto degli elettroni in un materiale non significa sapere esattamente dove si trovano in ogni istante, perché questo violerebbe uno dei principi fondanti della meccanica quantistica, il principio di indeterminazione di Heisenberg.
Insomma il “principio” non si tocca altrimenti verrebbe giù il fondamento su cui si basa tutta la fisica quantistica.

Da esperimenti su fessure, sappiamo che l’elettrone si comporta sia come particella che come onda luminosa.
Come particella significa che è portatrice di una carica elettrica negativa, cioè la carica elementare, il quanto di elettricità. Come onda significa che si propaga in entrambe le direzioni spaziali, come le onde del mare con una lunghezza d’onda λ data da:

Dove h è la solita costante di Plank, m la sua massa e ‘v’ la velocità.

All’elettrone viene associata un funzione d’onda ψ che esprime lo spostamento dalla posizione di equilibrio di ogni punto sollecitato dall’onda.

Schrodinger elaborò un’equazione per calcolare le onde di probabilità, ossia le orbite intorno al nucleo ove l’elettrone potrebbe orbitare con maggiore probabilità. L’insieme delle onde di probabilità individua una regione dello spazio atomico, detta orbitale atomico, nella quale “probabilmente” si muovono gli elettroni.
L’atomo cominciò a essere immaginato come un nucleo circondato da regioni dello spazio atomico in cui si concentrano delle «nubi elettroniche», ove si spostano gli elettroni.

Funzione d’onda associata all’elettrone, che esprime la densità di probabilità di trovare la particella nella posizione ‘x’ al tempo ‘t’.

A questo punto vi state domandando cosa c’entra tutto questo con il principio di indeterminazione Heisenberg..

Se si considera l’elettrone solo come una funzione d’onda, per il semplice fatto che l’elettrone è identificato con la sua nuvola e non come particella, è evidente che la individuazione della sua posizione e velocità non può essere calcolata.

Eppure l’elettrone come «particella» è fisicamente lì dentro e la sua posizione può essere «immortalata» da impulsi di atto secondi.

E la sua velocità? Beh quella la conosciamo: La velocità classica è data da v=(2E/me)1/2=1.9·107 m/s<<c, ovvero molto minore della velocità della luce.  Quindi l’elettrone è non relativistico e ‘facilmente’ immortalato.

Ora se la sua posizione è conosciuta entro ∆x=10-6 m, è possibile calcolare l’incertezza relativa alla determinazione della velocità.
v=ħ/(mex)=1.1·102 m/s, da cui ∆v/v=6·10-6. Anche qui si tratta di un’incertezza molto piccola.

CONCLUSIONE
Abbiamo visto che:

  • La velocità dell’elettrone non è relativistica, quindi molto inferiore alla velocità della luce. Quindi ha un valore a cui ci si può ricondurre.
  • Ad una posizione ∆x=10-6 m la incertezza di determinare la quantità di moto è molto piccola.
  • Messi assieme questi due aspetti, i termini ∆x e ∆v sono molto prossimi al limite dalla indeterminazione imposto da Heisenberg..

Questo vuol dire:
∆x∆v ≅ ℏ/2 ovvero ∆x∆v ≅ 6.582 * 10-16 eVs
Il limite di indeterminazione quindi è dell’ordine di 10-16.

Dal momento che gli impulsi di luce in attosecondi sono dell’ordine di 10-18 possiamo dire che questi impulsi violano il limite importo dalla equazione di Heisenberg perché vanno oltre questo limite. Comunque la volgiamo pensare.

A voi le conclusioni

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