I quark sono veramente i mattoni ultimi della materia?

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Le particelle note fino agli anni 50
Le particelle note fino agli anni 60
Oltre i quark
Future Circular Collider (FCC)

In una famosa trasmissione di successo Piero Angela aveva definito i quark i mattoni della vita.
E’ passato qualche anno da allora, ora conosciamo meglio la “vita” dei quark, ma non tutto è chiaro. I quark sono veramente i mattoni della materia? Gli ultimi elementi della materia? Sono indivisibili?

Ed ecco, allora, un’altra bella domanda: cosa significa indivisibile. E cosa si intende per particelle fondamentali per la fisica? I quark sono particelle fondamentali?

Per dare risposta a tutte queste domande dobbiamo fare un passo indietro, forse due.
Per particella elementare (fondamentale), convenzionalmente, si intende un oggetto privo di struttura interna, cioè non composta da altre particelle più piccole.
L’elettrone è una particella elementare e considerata in fisica come punto materiale e pertanto indivisibile.


Le particelle note fino al 1950

Fino a poco più di 100 anni fa grandi scienziati dubitavano apertamente dell’esistenza reale degli atomi: un concetto utile teoricamente, per fare calcoli, ma che forse ha poco a che fare con la realtà – dicevano.

Con il tempo si è scoperto che gli atomi esistono e rappresentano anche la spiegazione dell’ esistenza degli elementi. Eppure anche l’atomo doveva dopo poco abbandonare lo scettro di particella ultima: quando gli esperimenti di Ernest Rutherford dimostrarono attraverso il bombardamento di una sottile lamina di metallo con radiazioni alfa che in realtà gli atomi stessi consistono in un gran vuoto, con una “pallina dura” al centro (il nucleo) che racchiudeva quasi tutta la massa dell’atomo e alcuni elettroni rotanti intorno ad esso a grande distanza.

L’interno di questa pallina era composto di un certo numero di altre particelle in numero e di carica positiva opposta agli elettroni tenuti assieme da una interazione forte sconosciuta che li teneva uniti a contrastare la tendenza ad allontanarsi tra loro a causa della forza repulsiva della carica dello stesso segno.

Tuttavia tutta la massa dei protoni non giustificava la massa totale del nucleo. A questo punto, si giunse alla conclusione che il nucleo atomico è, in realtà, costituito da protoni separati da un numero all’incirca uguale di altre particelle di carica nulla chiamati neutroni.

A solo titolo informativo bisogna dire che il neutrone ha una massa maggiore, anche se di poco, a quella del protone. Per questo motivo esso è instabile, cioè tende a decadere in altre particelle più stabili secondo la relazione:

neutrone

Dove p=protone; e=elettrone; ν=neutrino.

A queste poi si giunsero altre particelle dall’osservazione dei raggi cosmici il positrone, muone, pione, kaone. Tutte particelle che sono scorie prodotte da scontri con atomi nella nostra atmosfera che hanno poco a che fare con le particelle fondamentali.


Proliferazione degli anni 60.

Con la scoperta dei protoni e neutroni poteva sembrare di essere arrivati ad una soluzione soddisfacente sulla conoscenza della materia. Oltre non si poteva andare con i mezzi di quei tempi. Era come voler aprire un cocco con uno schiaccia noci. In prativa per andare oltre serviva molta energia per “spaccare” i componenti fondamentali dell’atomo.

Con lo sviluppo degli acceleratori di particelle nella prima metà del XX secolo, i fisici iniziarono ad approfondire le proprietà delle particelle subatomiche.
Le proprietà di corpuscolo elementare puntiforme dell’elettrone hanno reso questa particella una sonda perfetta per esplorare la struttura dei nuclei atomici.

Fu l’inizio dell’era degli acceleratori di particelle che cominciò a sfornare uno zoo di nuovi minuscoli protagonisti, particelle strane, alcune effimere altre meno. Particelle che nascevano dal nulla e scomparivano rapidamente nel nulla. Solo agli inizi degli anni Sessanta ne erano state etichettate circa cento.
Troppe per essere particelle elementari.

E proprio nel tentativo di “mettere ordine” in quello strano zoo, Murray Gell-Mann scoprì che le particelle soggette alle interazioni forti (tra cui appunto i protoni e i neutroni) potevano essere formate da particelle più piccole.

L’interno del protone fu scrutato con sonde opportune ricavando indizi indiretti della presenza di altre particelle studiando il modo in cui le sonde rimbalzavano.
Gli elettroni erano le sonde perfette, prive di struttura interna, penetranti e non soggetti alla interazione forte. Gli elettroni venivano così sparati da un acceleratore contro i protoni.
La distribuzione degli elettroni dopo gli urti era incompatibile con l’ipotesi che l’urto fosse avvenuto con tutto il protone considerato un corpo rigido.

Questo poteva essere inteso solo assumendo che gli elettroni urtassero elasticamente contro qualcosa di puntiforme e rigido all’interno del protone.

protone

Era il 1964 quando i fisici statunitensi Murray Gell-Mann e George Zweig ipotizzarono la esistenza di particelle elementari di cui erano fatti i neutroni e protoni, chiamate “quark”.
Non è stato facile trovarli perché i quark non si trovano liberi in natura ma aggregati tra loro a gruppi di tre e tenuti assieme (legati) da un mediatore di forza, il gluone.

quark

I primi due quark scoperti furono il quark up e quark down provvisti di carica frazionata rispetto all’elettrone. Poi arrivarono i quark charm e strange e successivamente i quark top e botton di massa crescente che decadono rapidamente. Anche loro provvisti di carica. Ed infine gli anti quark e una serie di particelle esotiche, tetraquark, pentaquark.
I quark pesanti furono scoperti dopo molti anni di ricerche infruttuose in collisioni protone-antiprotone ad altissime energie presso l’acceleratore del Fermilab (Chicago).
Per il loro modo di raggrupparsi e soggetti alla forza forte furono chiamati “adroni”.

A loro volta gli adroni sono chiamati “barioni” se formati da 3 quark e “mesoni” se formati da quark e antiquark,

protone_neutrone

Fin qui tutto chiaro?
Beh, c’è una ultima cosa da dire:
Il protone ha carica +1 la risultante di due up e un down (+2/3 + 2/3 -1/3 = +1) che conferisce carica positiva al protone.
Il neutrone è formato da due down e un up (-1/3 -1/3 + 2/3 = 0) che conferisce un carica nulla al neutrone, per l’appunto.

La massa del protone quindi risulta:

massaprotone

Ora se guardiamo la massa dell’elettrone pari a 0,5 MeV/c2 e la confrontiamo con quella del quark up (da 1 a 5 MeV/c2) può venire il sospetto che nel mezzo ci possano essere altre particelle che attribuiscono la carica ai quark. Il dubbio è forte e intrigante per gli scienziati.


Oltre i quark

Su questo bailamme di particelle è stato edificato quel sistema teorico definito “modello standard” che è riuscito a spiegare con precisione straordinaria gran parte dei fenomeni del mondo fisico. Un bell’edificio, quindi, sulle spalle dei piccoli quark.
Ma…..

Ma non sembra che la scienza abbia messo la parola fine alla ricerca del mattone fondamentale della materia. Disponendo di energie sempre più elevate sono stati rilevati nuovi detriti nelle collisioni a distanze più piccole di quelle ottenute finora. E’ stato constatato che i getti di detriti sono del 40-50 per cento superiori alle previsioni del modello. Questo potrebbe indicare che in effetti c’è una struttura sottostante ai quark. In questo caso saremmo davanti alla necessità di una revisione di certe nostre idee sulla natura.

Ma potrebbe anche significare che c’ erano errori nei calcoli teorici alla base delle previsioni, o anche la presenza di una particella nuova, un ‘bosone’ (come quelli scoperti da Rubbia al Cern) che trasporta un campo di forza. Insomma, fare previsioni è prematuro.
La comunità scientifica ha una solida tradizione di prudenza davanti a risultati che sembrano rimettere in discussione teorie acquisite.

Ma è inutile nascondere che in realtà c’ è una notevole eccitazione tra i fisici delle alte energie, sia teorici che sperimentali. Perché se in effetti i quark hanno una “struttura segreta” e la particella ultima sfugge ancora di mano, vuol dire che la caccia ai mattoni del mondo si riapre, una prospettiva che in realtà è il sogno di ogni fisico che si rispetti.

Ma come?

Future Circular Collider (FCC)

Nei prossimi due anni, la comunità della fisica delle particelle aggiornerà la strategia europea per la fisica delle particelle, delineando il futuro della disciplina oltre l’orizzonte del del Large Hadron Collider (LHC).
E il futuro si chiama Future Circular Collider (FCC) un acceleratore di nuova generazione che farà impallidire l’LHC.
Lungo 100 km (rispetto ai 27 di LHC) potrebbe raggiungere 100.000 miliardi di elettronvolt (100 TeV, contro i 14 TeV di LHC).

Grazie a queste caratteristiche sarebbe quindi in grado di fornire collisioni tra protoni, tra ioni e tra elettroni e positroni a intensità ed energie senza precedenti, paventando anche la possibilità di collisioni tra elettroni e protoni e tra elettroni e ioni, permettendo ai fisici di studiare nuovi scenari. E sarà in grado di espandere significativamente la nostra conoscenza della materia e dell’universo.

E Piero Angela sarebbe costretto a fare un nuova puntata di aggiornamento sui quark.


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