Gli archeologi dilettanti del Norton Disney History and Archaeology Group, hanno portato alla luce un dodecaedro romano nella campagna del Linconshire un piccolo oggetto in bronzo con 12 facce, altrettanti fori e 30 spuntoni in corrispondenza dei suoi spigoli. Un oggetto curioso non solo per la forma o la sua antichità (risale al terzo secolo), ma anche, e soprattutto, per l’aura di mistero che lo circonda: ad oggi sono stati scoperti circa 130, ma nessuno ha idea di quale fosse il loro scopo, o del perché nei resoconti dell’epoca non se ne trovi alcuna traccia.
Il dodecaedro di Norton Disney
Il nuovo reperto è il 33esimo scoperto in Inghilterra, ed è stato portato alla luce durante una sessione di scavo nei pressi della cittadina di Norton Disney, dove era presente un insediamento abitato già in epoca romana. Misura circa otto centimetri in lunghezza, per un peso totale di 245 grammi, è realizzato in bronzo e risale, secondo le prime stime, a circa 1.700 anni fa. Il luogo del ritrovamento ospita cocci e reperti che dimostrano un utilizzo ininterrotto dall’età del ferro fino alla tarda epoca romana, e non è distante da una villa romana portata alla luce nel 1935. A parte questo, non se ne sa altro.
Lo scavo in cui è stato ritrovato il dodecaedro non è ancora stato esplorato completamente, e i lavori per portare a termine l’indagine, che dovrebbero riprendere il prossimo giugno, potrebbero quindi svelare ulteriori particolari del sito, utili magari a ricostruire la storia del dodecaedro, il tipo di costruzione in cui era custodito, e perché no, il suo scopo. Un particolare, quest’ultimo, che come dicevamo rimane un mistero ormai da quasi tre secoli, ovvero dal ritrovamento del primo dodecaedro romano avvenuto nel 1739 proprio in Inghilterra.
Cosa ne sappiamo?
Come dicevamo, negli ultimi 300 anni di dodecaedri romani ne sono stati ritrovati parecchi. E un po in tutto il territorio in cui si estendeva l’influenza dell’impero: dal Regno Unito all’Ungheria, passando per Francia e Germania dove sono concentrati i ritrovamenti. Particolare curioso, però, è l’assenza totale di ritrovamenti nelle zone che all’epoca rappresentavano il cuore dell’impero romano: Spagna, Roma e dintorni, e il resto del Mediterraneo.
I manufatti ritrovati variano notevolmente per forma e dimensioni. Sono tutti solidi con 12 facce, presentano solitamente degli spunzoni in corrispondenza degli spigoli, e sono costruiti in bronzo. A parte questo, sono molto diversi tra loro. In molti casi hanno dei fori di dimensioni diversa su ogni faccia, a volte però sostituiti da decorazioni. Anche le dimensioni variano, da 4 a 11 centimetri tra gli esemplari ritrovati fino ad oggi. Questo è più o meno tutto quello che sappiamo di loro per certo. Non se ne trova menzione in nessun testo antico, né se ne conosce alcuna rappresentazione in mosaici o affreschi romani. E quindi la loro funzione rimane, per ora, avvolta nel mistero. Ovviamente le ipotesi non mancano.
A cosa servivano?
Un’ipotesi molto citata è quella della fisica Amelia Carolina Sparavigna, del Politecnico di Torino, secondo cui i dodecaedri romani potrebbero essere strumenti utilizzati per misurare le distanze, come una sorta di telemetro rudimentale. Con un approccio sperimentale, in un articolo del 2015 la ricercatrice ha dimostrato infatti che (almeno in alcuni casi) è possibile stabilire la distanza di un oggetto utilizzando i fori di diverse dimensioni presenti sulle facce dei dodecaedri. E proposto quindi che fossero oggetti utilizzati sui campi di battaglia, per calcolare la distanza dei nemici da colpire con frecce e armi da guerra, o dei propri alleati, utilizzando gli stendardi come riferimento.
Non tutti gli esperti però sono convinti. Le tante forme differenti degli oggetti portati alla luce fino ad oggi, l’area geografica dove sono stati trovati (limitata alle zone più settentrionali dell’impero), e la mancanza di iscrizioni, come numeri o simboli, che ne guidino l’utilizzo, secondo ricercatori come lo storico Tibor Grüll, dell’Università di Pécs (in Ungheria), che all’argomento nel 2016 ha dedicato una review, lascerebbero escludere un utilizzo pratico di questo tipo. Lo storico ungherese propende per un’interpretazione religiosa dei dodecaedri, come amuleto, oggetto rituale, o magari strumento per la divinazione attraverso l’osservazione delle stelle e dei pianeti (le facce del dodecaedro, forse non a caso, sono 12 come i segni zodiacali).
Altre possibili spiegazioni proposte negli anni sono che si tratti di un oggetto utilizzato per la fabbricazione dei proiettili di fionda. O che servisse alla calibratura di tubi e altre strutture ingegneristiche. In mancanza di un libretto di istruzioni, per ora un’ipotesi vale l’altra. C’è per esempio chi pensa che potesse essere uno strumento per la tessitura o per lavora a maglia. E alcuni appassionati, come dimostra il video qui sotto, hanno anche riscoperto (o forse inventato) come farlo:
via Wired.it
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L’articolo I misteriosi dodecaedri romani che nessuno sa a cosa servissero sembra essere il primo su Galileo.