Figli o lavoro? L’eterno dilemma delle donne

C’era un tempo in cui le decisioni sembravano più facili perché era la società che le prendeva per noi. Potevamo lavorare, certo, dovevamo farlo per dare il nostro contributo alla famiglia. Ma tutto era destinato a cambiare raggiunta la maggiore età, quella in cui avremmo incontrato l’uomo che si sarebbe preso cura di noi, soprattutto economicamente parlando. In cambio ci era solo chiesto di diventare bravi mogli e mamme perfette, gli angeli del focolare.

Le cose sono cambiate, non totalmente s’intende. Ma le donna oggi non hanno più paura di restare sole o di ammettere di non volere figli, anche se i giudizi e le critiche non mancano mai. Questa condizione in continuo mutamento ci permette oggi di scegliere la nostra strada dandoci il potere di scrollarci dalle spalle tutto ciò che va contro le nostre volontà. Ecco, oggi possiamo scegliere, ma ancora una volta non siamo libere totalmente di farlo.

Perché se da una parte la società è disposta a parole ad accettare il fatto che noi donne possiamo essere e diventare tutto ciò che vogliamo, dall’altra alcune delle nostre volontà sembrano inconciliabili nel mondo che viviamo. E siamo noi le dirette testimoni di questo fato, quando scegliamo, non poche difficoltà, di essere delle madri lavoratrici.

La nostra vita si trasforma due volte, con la nascita di un bambino e con la quasi impossibile conciliazione di tutti gli impegni familiari e professionali. Quelli personali, invece, tendono a non esistere più mentre facciamo lo slalom quotidianamente. Perché dobbiamo sfruttare la pausa pranzo per andare a prendere i bambini a scuola, investire tutti i nostri risparmi per una baby sitter o chiedere l’aiuto prezioso dei nonni. Perché da sole non ce la facciamo.

Un difficoltà reale, questa, che si è acuita ancora di più con la DAD e poi con lo smart working, perché con i bimbi piccoli chi ci pensava a dover avere più computer in una stessa casa? E soprattutto chi lo ha il tempo per seguirli? Lavorando da casa, certo, ci sono dei vantaggi tangibili ma poi come spiegare ai nostri bambini che non possiamo dare loro le attenzioni che vogliono perché stiamo lavorando?

E se l’azienda per cui lavoriamo non ci concede lo smart working e loro sono in DAD? Un’ipotesi, questa, non solo distopica dato che in molte l’hanno vissuta sulla loro pelle durante i mesi dell’emergenza sanitaria.

Essere una mamma e una lavoratrice vuol dire trasformarsi in equilibrista. E guai a lasciare che una cosa, una soltanto, abbia un peso maggiore dell’altra. Perché tanto poi l’epilogo è sempre lo stesso: trascuri la famiglia o trascuri il lavoro, e la colpa è sempre la nostra.

Allora viene da chiedersi se ce l’abbiamo davvero una scelta, o quella di averla è solo un’illusione. Perché è chiaro che scegliere di rinunciare a una cosa, piuttosto che un’altra, sembra la via più facile da intraprendere, ma a quel punto vuol dire che non abbiamo più il potere decisionale sulla nostra vita, sui sogni e sugli obiettivi.

Certo le cose potrebbero cambiare se, per esempio, al fianco delle parole ci fossero anche i fatti. Se le istituzioni di impegnassero realmente per dare la stessa possibilità che, invece, è concessa naturalmente agli uomini, loro che possono avere la famiglia, il lavoro e anche il tempo per coltivare le passioni.

Se ci fossero supporti, incentivi e benefit in aiuto alle mamme, allora sì che potremmo scegliere di lavorare, di fare carriera e di affermarci professionalmente. Oppure non farlo, in barba a tutte le pressioni sociali che ancora subiamo. Ma il punto è sempre lo stesso: dateci la possibilità di scegliere.

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