Dal lettone alla cameretta: come abituare il bambino a dormire da solo

Sul sonno dei bambini si comincia a discutere prima che loro nascano. Tra leggende, mistificazioni e realtà, si susseguono racconti da brividi, come protagonisti i bambini, che non chiudono occhio per giorni, mesi, anni, quasi a farlo per dispetto. A sentire queste storie si dovrebbe azzerare del tutto il già limitato incremento demografico italiano.

Sul sonno dei bambini c’è tanta letteratura e, nonostante ormai sia chiaro che esso risponde a bisogni tipici per età, noi ci continuiamo a meravigliare del perché i nostri figli non dormano quando, quanto e dove noi vorremmo!

Durata del sonno a parte, un tema cruciale riguarda quando e come abituare i nostri piccoli fagottini a dormire da soli. In primis nel proprio letto e poi nella propria cameretta. Dormire nella propria cameretta, è importante non solo per il bambino, ma anche per la coppia che, finalmente, può godere nuovamente della propria intimità. Non importa se, i primi tempi, e non solo quelli, l’intimità della coppia sarà limitata a spegnere presto le luci per sprofondare nel sonno. Perché anche noi adulti abbiamo bisogno di un sonno ristoratore, per vivere meglio il quotidiano. E, diciamo la verità, con un bambino che dorme in mezzo a noi nel lettone, il nostro sonno è sensibilmente compromesso.

Per capire perché i bambini, anche in da grandicelli, dormono nel lettone di mamma e papà e come abituarli a fare quel passo successivo, che aiuta i primi ad essere più indipendenti e noi a dormire meglio, un supporto ce lo possono fornire i consulenti del sonno infantile. Professionisti che, accanto alle mamme ed ai papà, sciolgono dubbi, rivelano eventuali errori comuni, e ci offrono consigli per venire fuori da impasse che possono incrementare nervosismi che si abbattono su tante famiglie.

Anna Pasotti, consulente del sonno infantile certificato con Sleep Sense, nota in rete con il nome de L’Acchiappasonno, ci fornisce qualche elemento di riflessione e ci dà qualche consiglio.

Perché i bambini vengono nel lettone?

Per rispondere a questa domanda, certamente, bisogna distinguere fra i neonati, i bambini di pochi anni e quelli più grandicelli. È normale che i neonati dormano in stanza di mamma e papà. Alcuni, anche se è fortemente sconsigliato, dormono anche nel nostro letto. Premesso questo, vediamo come possa esserci un legame fra i lattanti che dormono nel lettone ed i bambini più grandi che continuano a farlo.

“La motivazione cambia a seconda dell’età, spesso capita che neonati o lattanti vengano messi a dormire nel lettone con i genitori perché hanno bisogno del contatto per addormentarsi e, conseguentemente, dormire sereni durante la notte. Può succedere che se si abitua il bambino, nel corso del tempo, a dormire insieme a noi, questi, non conoscendo altro modo per riposare serenamente, continuerà a richiedere la nostra presenza anche negli anni successivi. Mentre è naturale e fisiologico che un neonato chieda contatto per dormire, a volte, questo resta l’unico modo che lui o i suoi genitori conoscono e che lo rende l’unica realtà immaginabile anche per il futuro. È proprio per questo motivo che è abbastanza comune incontrare famiglie in cui bambini di 3, 4 o 5 anni dormono nel lettone con i genitori”.

dormire con i genitori

Fino a quando farli dormire con noi

Spesso, noi genitori ci poniamo interrogativi su quanto sia importante assecondare i bisogni e le richieste dei nostri figli, o addirittura anticiparli e quanto invece lo sia porre delle regole chiare ed inflessibili.

In tema di sonno ed abitudini del bambino a dormire con noi, Anna Pasotti, chiarisce:

Le linee guida sulla sids parlano chiaro a riguardo: nei primi mesi di vita è fortemente sconsigliato che il bambino dorma nel lettone con i genitori. La situazione ideale, in questa fascia di età, prevede che il bambino dorma nel proprio lettino in stanza con i genitori. Se venisse scelto comunque di condividere il letto sarebbe fondamentale che questo sia un luogo sicuro, e che non ci siano lenzuola o coperte che possano coprire il viso del bambino durante la notte, o cuscini contro i quali possa mettere la faccia. Se, dopo l’anno di vita, il bambino dorme nel lettone insieme ai genitori e sia bambino che genitori dormono bene, non c’è nessuna controindicazione e si può continuare a farlo finché ci si senta a proprio agio. Se, invece i genitori sentono l’esigenza di dormire da soli o se il bambino, anche addormentandosi solo in presenza dei genitori, si sveglia spesso durante la notte, allora è importante valutare di spostarlo nel suo lettino o nella sua cameretta”.

A che età metterli nella loro cameretta

Abbiamo visto, quindi, che il dormire o meno nel lettone sia anche una questione di armonia familiare. In alcuni casi, questa abitudine influisce negativamente, in altri, se genitori e bambini ne traggono giovamento, può essere procrastinata nel tempo.

Vien da sé che, prima o poi, ciascuno dovrà tornare a riscoprire i propri spazi. Se troppo a lungo abbiamo usufruito del calore dell’altro, nelle fredde notti invernali ed in quelle nelle quali, la presenza di nostro figlio è una coccola più per noi che per lui, può essere più difficile convincere i bambini a dormire nel proprio letto.

Non esiste un’età fissa che sia giusta per tutti, è importante nella scelta tenere conto del fatto che, dal 4° mese di vita in poi, il sonno dei bambini cambia e, diventando gradualmente come quello adulto, alterna fasi di sonno profondo a fasi di sonno leggero. Alcuni bambini faranno più fatica di altri a gestire queste fasi di sonno leggero e può essere che proprio la presenza dei genitori in camera (soprattutto nei casi di sonno rumoroso degli adulti) sia causa di disturbo e risvegli. Al contempo, è importante tenere a mente che le linee guida per la prevenzione della sids raccomandano la condivisione della camera nei primi 6/12 mesi di vita. Se un bambino ha un sonno particolarmente disturbato, ma non si è pronti o non si ha lo spazio per spostarlo in cameretta, consiglio di creare una partizione visiva tra il lettino ed il lettone in modo tale che quando il bambino si risveglia non veda immediatamente i propri genitori ed abbia l’opportunità di riaddormentarsi in autonomia. Spesso, i genitori non tengono conto del fatto che sono le persone preferite del loro bambino e che quando di notte li vedrà si emozionerà e faticherà a riaddormentarsi”.

Dormire con mamma e papà: bisogno del bambino o nostro?

A volte, possiamo confessarcelo, siamo noi genitori ad impostare una routine del sonno, come anche a creare l’abitudine di far dormire i bambini con noi, per rispondere ad un nostro bisogno. Che possa essere affettivo come di comodo, poco importa, ma cercare di capire di chi sia davvero la necessità di condividere il letto con noi, può esserci di aiuto per risolvere la questione.

Ecco l’opinione della Pasotti. “Trovo che questo sia il grande dilemma della genitorialità, un continuo adattarsi ad un equilibrio in continua evoluzione tra l’essere presenti ed il lasciare spazio. Sul sonno, proprio perché spesso, nei primi mesi di vita, il bambino ha un forte bisogno di contatto con il genitore, soprattutto se allattato al seno, si tende a rispondere ad ogni momento di difficoltà del piccolo, aumentando la nostra presenza od il nostro intervento. In realtà, lo facciamo quando spesso ciò che il bambino sta chiedendo è proprio la possibilità di poter gestire il proprio sonno in autonomia. Il fatto che ciò avvenga proprio di notte, quando anche il genitore è stanco, ne rende sicuramente difficile la gestione e spesso si tende a proporre una soluzione non adeguata ma che permetta a tutti di riaddormentarsi il prima possibile”.

Come abituare il bambino a dormire da solo

Ma veniamo al punto: come abituare o convincere il bambino a dormire nel proprio letto prima e nella propria stanza poi.

“In generale, qualsiasi sia l’età del bambino è fondamentale informarlo del cambiamento, mostrargli la stanza in anticipo e spiegargli cosa gli stiamo proponendo di fare. Se il bambino ha 3, 4 o 5 anni si può passare al letto senza sbarre, far scegliere a lui le lenzuola nuove, e coinvolgerlo nell’arredamento della cameretta. Rendete il passaggio un momento di gioco e coinvolgimento. Se la sera si fa una routine della nanna, è importante mantenerla anche nel momento del cambio stanza. Se non la si facesse, consiglio di instaurarne una, almeno un paio di settimane prima del passaggio così, anche se il luogo è diverso, al bambino sarà chiaro cosa gli stiamo proponendo di fare. Create, condividete e disegnate insieme le nuove regole della nanna. Se il bambino avesse paura del buio, scegliete insieme a lui una lucina (che sia piccola e tendente al rosso e non al blu) o proponete degli adesivi fluorescenti che indichino la via verso la porta, in modo che sappia sempre come raggiungervi se avesse bisogno. Dai tre anni è possibile anche che il bambino chieda che la porta della cameretta resti aperta durante la notte, e va bene che venga permesso. Quando si propone il cambiamento sconsiglio di parlare di “essere diventati grandi” o di fare paragoni con altri fratelli o sorelle o amici, parlategli di lui, del suo percorso, e di cosa succederà. È utile, quando si farà il passaggio, iniziare con la presenza del genitore in camera durante l’addormentamento che bisognerà gradualmente ridurre. Non ci si può aspettare che un bambino che ha sempre dormito in camera coi genitori sia improvvisamente in grado di non farlo, ma, una volta definito insieme al bambino ciò che succederà, mostratevi sereni, pazienti e restiate costanti nella proposta. In questo modo e diminuendo gradualmente la vostra presenza, il bambino sarà sempre più consapevole delle proprie capacità e si sentirà allo stesso tempo rassicurato dalla presenza del genitore. Le prime settimane sarà importante mostrare la mattina felicità ed orgoglio per il nuovo traguardo raggiunto anche dopo notti difficoltose”.

Quando chiedere aiuto ad una consulente del sonno

Far dormire il bambino da solo, abituandolo al suo spazio, può richiedere tempo. Certamente, lo sappiamo, richiede energie che, proprio in quella fascia oraria, abbiamo esaurito anche noi. Per questo motivo, spesso, siamo noi genitori a mollare la presa, a procrastinare la decisione e a mollare la spugna senza averci provato davvero. Purtroppo, non esiste un carica batterie per noi che, in pochi minuti, ci dia coraggio e forza per affrontare quel momento. Solo la tenacia, la forza di volontà e la certezza che negli anni le cose andranno meglio, possono aiutarci.

Anzi no! Può aiutarci anche una professionista, se proprio non ce la facciamo o fatichiamo a vedere quale sia il problema.

“I genitori, spesso le mamme, mi contattano quando le difficoltà a dormire bene sia loro che dei loro bambini sono diventate tali da avere un forte impatto nella gestione organizzativa ed emotiva della loro giornata. Nella maggior parte dei casi vengo contattata da genitori di bambini che impiegano più di un’ora ad addormentarsi la sera o che hanno dai 2 ai 7 risvegli notturni, o di genitori che non condividono più il letto matrimoniale per far spazio a uno dei figli. Spesso questi genitori sono giunti fino a questo punto di fatica perché esiste una radicata convinzione che non dormire, e quindi faticare, faccia parte del pacchetto genitoriale. Quando parlo con queste mamme mi rattristo molto proprio perché ricordo quando anche io ero nella stessa situazione e ricordo di aver atteso il punto di rottura prima di aver chiesto aiuto. In molti casi invece una buona conoscenza delle esigenze del sonno infantile accompagnata da osservazione ed ascolto del proprio bambino può bastare per accompagnare i propri bambini a dormire bene e serenamente già nei primi mesi di vita. Vorrei che si parlasse più spesso di sonno dei bambini e delle loro esigenze proprio per prevenire situazioni di questo tipo”.

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