Covid-19, l’Olanda per precauzione stermina migliaia di visoni negli allevamenti: speriamo non aprano più

Dalla seconda metà di aprile gli allevamenti di visoni da pelliccia in Olanda sono vittime del coronavirus. Le prime ricostruzioni dicono che il patogeno è saltato dall’essere umano (alcuni dipendenti degli stabilimenti) agli animali, innescando epidemie dall’andamento simile a quello osservato nelle nostre città, ma che in un secondo momento visoni malati avrebbero trasmesso il virus alle persone. Per precauzione, dunque, per evitare a tutti i costi che gli allevamenti di visoni diventino un serbatoio di infezione minacciando le comunità umane, le autorità sanitarie olandesi, tra le proteste dei movimenti animalisti, hanno deciso di abbattere migliaia di animali a partire dal 6 giugno. Nell’amarezza potrebbe esserci una nota positiva: l’Olanda potrebbe dire addio agli allevamenti di animali da pelliccia prima della data prevista dalla legge, nel 2024.

Un altro spillover

Ad aprile i responsabili di due allevamenti olandesi di animali da pelliccia (uno da 12mila e l’altro da 7.500 animali) hanno cominciato a notare che i visoni avevano accumuli di muco e problemi gastrointestinali, e la mortalità era aumentata. I controlli veterinari hanno confermato il sospetto: i visoni erano stati contagiati dal coronavirus. Le indagini hanno poi ricostruito la catena di trasmissione dall’essere umano agli animali. Dopo gatti, tigri, furetti, cani e altri animali più o meno da compagnia, ecco dunque un altro spillover di Sars-Cov-2, solo che stavolta le conseguenze sembrano ben più serie.

Epidemie

Come hanno constatato le prime analisi, infatti, il nuovo coronavirus nei visoni ha dato origine a epidemie estese, proprio come è avvenuto per l’essere umano. Gli scienziati ritengono che il virus si trasmetta tra gli animali attraverso droplet di saliva e muco, ma è anche possibile che la trasmissione da animale a animale sia amplificata dagli spazi stretti, dal mangime condiviso e dal contatto con le lettiere. Una peculiarità ancora senza spiegazione è che in diversi allevamenti colpiti le epidemie abbiano avuto esiti diversi: in generale l’epidemia si esaurisce quando il 90% degli animali è stato contagiato e quindi praticamente tutti hanno sviluppato una forma di immunità al virus, ma in certi allevamenti i visoni morti sono stati molto pochi mentre in altri la mortalità è arrivata al 10%. Eppure i ricercatori non hanno trovato mutazioni nel coronavirus tali da giustificarne un aumento di virulenza.

Contagio di ritorno

Se per le altre specie animali suscettibili a Sars-Cov-2 la minaccia è l’essere umano, che trasmette loro il virus senza che questo torni indietro (o almeno non ci sono casi segnalati), per i visoni è diverso. Le autorità sanitarie olandesi, infatti, hanno appurato che in due casi (sui circa 50mila nel Paese) visoni malati hanno trasmesso il virus agli umani. Per questo motivo il governo olandese ha deciso di abbattere migliaia di animali, perché non possiamo permetterci un nuovo bacino di infezione che riporti l’orologio della pandemia in Europa a fine febbraio.
La decisione è dettata dal principio di precauzione a tutela della salute umana, ma non è esente da critiche. C’è chi ritiene, come le associazioni animaliste, che il rischio per le comunità umane adiacenti agli allevamenti sia molto basso e che i nuovi nati durante l’epidemia siano protetti dagli anticorpi della madre. Il problema è che non si sa per quanto regga l’immunità e per il governo una nuova ondata di contagi negli allevamenti sarebbe troppo rischiosa.

Riconversione

Una decisione ritenuta necessaria, per quanto amara e che mette in difficoltà una realtà (l’industria delle pellicce) già in crisi. Il governo olandese ha detto che risarcirà gli allevamenti per gli animali persi e qualcuno cerca di vedere un lato positivo della vicenda: l’Olanda potrebbe essere libera da allevamenti di visoni da pelliccia prima del previsto. Una legge del 2012, infatti, prevede l’entrata in vigore del divieto di allevare questi animali per il loro manto a partire dal 2024, per motivi etici. E visto che l’attività non potrebbe riprendere prima di tre anni, questa potrebbe essere un’occasione da non perdere per accelerare la riconversione.

Via Wired.it

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