Contro le nuove varianti del coronavirus dovremmo cambiare mascherine?

Il virus cambia, dovremmo anche cambiare le mascherine che utilizziamo? L’arrivo delle nuove varianti del coronavirus rappresenta un’ulteriore sfida nella lotta alla pandemia. L’aumento della contagiosità, forse addirittura della , ad alcune delle nuove varianti preoccupa, proprio mentre sono cominciate le massicce campagne di vaccinazioni, non senza problemi. Ed è per questo che mentre si cerca di capire se e come i vaccini funzioneranno anche contro le nuove varianti, alcuni governi corrono ai ripari potenziando, ancora, le misure messe in atto per contrastare la diffusione del coronavirus. Puntando, di nuovo, sulle mascherine, divenute n questi giorni di nuovo un hot topic in tema di pandemia.

Niente mascherine di stoffa, mascherine doppie e niente telefonate

Non si tratta di certo di una novità: siamo abituati ormai da mesi a indossare mascherine in luoghi pubblici e all’aperto. Ma le indicazioni che arrivano da paesi come Francia, Germania e Austria puntano a incentivare l’utilizzo di alcune mascherine piuttosto di altre: bando in sostanza a quelle di stoffa nei luoghi pubblici e sui mezzi, in favore di quelle chirurgiche e FFP2, come riassume la Npr. In realtà, a ben vedere, le indicazioni non sono le stesse nei diversi paesi: in alcuni casi si estendono anche all’aperto, per esempio nei mercati e si accompagnano a un aumento della distanza interpersonale (di due metri), come in Austria. In altri, come in Francia invece, arriva anche la raccomandazione di non parlare o stare al telefono nei mezzi pubblici. Ma anche oltreoceano cominciano ad arrivare indicazioni in materia: nei giorni scorsi l’immunologo Anthony Fauci ha dichiarato come l’idea di raddoppiare l’uso delle mascherine, nel senso di metterne due al posto di una, è ragionevole. Magari, come suggerito da alcuni esperti, mettendo una di stoffa sopra una chirurgica.

Il senso delle diverse dichiarazioni è chiaro: più che una lotta alle mascherine di comunità, di stoffa, le disposizioni dei diversi paesi mirano a sottolineare come mettere più barriere al coronavirus, cercando i sistemi migliori (almeno sulla carta) per schermare la diffusione delle droplets su cui viaggia Sars-CoV-2, è ora quanto mai necessario. Le mascherine di stoffa, a volte anche autoprodotte, non sono di per sé inefficaci, ma la mancanza di un sistema di certificazione relativamente alle capacità di filtraggio rende più difficile di certo capire quanto effettivamente possano proteggere dalla diffusione del coronavirus. Questo unitamente al fatto che, malgrado le raccomandazioni delle istituzioni abbiano sempre incentivato la fabbricazione e l’utilizzo di mascherine multistrato, idealmente tre secondo le indicazioni dell’Oms, non sempre nella pratica è effettivamente così.

Questione di efficacia sì, ma anche di diffusione

Eppure, se le indicazioni sono chiare, le raccomandazioni e le dichiarazioni degli esperti rischiano di nuovo di creare confusione in materia. Meglio abbandonare le mascherine di stoffa, almeno nei luoghi chiusi, meglio metterne due, se sì quali e come faccio a essere sicuro di proteggere ed essere protetto e al tempo stesso a respirare senza difficoltà? Perché non sono tossiche, d’accordo, ma è lecito attendersi che due in luogo di una possano aumentarne il fastidio e la portabilità. Che non sia facile, né che ci sia un’unica ricetta contro il coronavirus lo sappiamo, e lo ha ricordato intervenendo sul tema sul New York Times, anche Jennifer Nuzzo della Johns Hopkins University: “Nessuna misura funziona se nessuno vi aderisce”, a sottolineare che per quanto efficaci tutto dipende dalla diffusione delle armi che si mettono in atto. Vale per le mascherine quanto per i vaccini.

Lo avevano spiegato bene, come riportavamo su queste pagine, anche Trisha Greenhalgh dell’Università di Oxford e Jeremy Howard dell’Università di San Francisco: le mascherine sono tanto più utili quanto più efficaci sì, ma anche quanto più diffuse. E il rischio è che misure più stringenti come quelle attuali minino proprio questa efficacia, hanno spiegato dalla Académie Nationale de Médicine francese, all’indomani delle nuove misure annunciate nel paese. Dobbiamo considerare, scrivono, che a fronte della ridotta capacità filtrante le mascherine di stoffa possono vantare una maggiore accettabilità da parte del pubblico nel lungo termine e che più in generale, l’efficacia delle mascherine di comunità non è mai stata criticata se queste vengono indossate correttamente. La loro utilità infatti dipende anche da come si indossano, da come vengono maneggiate e lavate, in altre parole. Il rischio, continuano è quello “di creare incomprensioni e ravvivare dubbi circa la validità delle raccomandazioni officiali”, si legge nella loro nota. E a guardare indietro, alla confusione iniziale sul tema – in parte comprensibile, sì – il timore non sembra del tutto campato in aria.

Credits immagine: Vera Davidova on Unsplash

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