Come prosegue il viaggio del telescopio spaziale James Webb

“Abbiamo un telescopio”. Così, alle 17:30 del 5 gennaio, Bill Ochs del James Webb Space Telescope al Goddard Space Flight Center della Nasa, ha commentato il corretto posizionamento degli specchi del nuovo occhio dell’agenzia spaziale statunitense, il telescopio spaziale più complesso mai realizzato, e anche quello con gli obiettivi più ambiziosi, lanciato in orbita il 25 dicembre scorso. La riuscita della manovra di apertura degli specchi rappresenta un punto di svolta cruciale per l’intera missione, seguita con il fiato sospeso da tutti i tecnici a Terra, tanto più che è avvenuta a circa 1 milione di chilometri di quota: “Una volta che lo specchio è fissato”, ha spiegato in proposito Julie van Campen, un’altra degli esperti del Goddard, “tutto è al suo posto, e non abbiamo più bisogno di sistemare niente”. In questo momento, il James Webb Space Telescope è a più di metà del suo viaggio (per la precisione si trova qui): la destinazione è infatti il cosiddetto punto di Lagrange L2, distante un milione e mezzo di chilometri dalla Terra, una regione di equilibrio in cui la forza gravitazionale del Sole e quella della Terra si bilanciano quasi perfettamente, e in cui quindi lo strumento è su un’orbita stabile. Un “giro di boa” che è l’occasione per ripercorrere le tappe principali della missione: vediamole insieme, facendo riferimento al (bellissimo) sito Nasa dedicato al progetto.


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La preparazione del lancio

Il 26 settembre scorso, il James Webb Space Telescope, ben impacchettato, è partito dalla California a bordo della nave MN Colibri, per arrivare, nel giro di poco più di due settimane, al Guiana Space Center dell’Agenzia spaziale europea, sul fiume Kourou, in Guyana Francese.

Qui è stato caricato, nella configurazione chiusa, ossia con tutti i componenti “ripiegati” all’interno, sul suo lanciatore, un razzo Ariane 5, e infine è stato trasportato sulla rampa di lancio.

James Webb Space Telescope/Goddard Space Flight Center/Nasa

Il decollo

Dopo il tradizionale conto alla rovescia, i motori di Ariane 5 vincono la gravità terrestre e, per 26 minuti, forniscono la spinta necessaria a portare il James Webb Space Telescope fuori dall’atmosfera terrestre, ponendolo sulla traiettoria che lo porterà al punto lagrangiano L2.

La separazione

L’accelerazione fornita dal lanciatore, Ariane 5, dura all’incirca 26 minuti a partire dal decollo. Immediatamente dopo lo spegnimento del motore di Ariane, il telescopio se ne separa e continua da solo il proprio viaggio.

James Webb Space Telescope/Goddard Space Flight Center/Nasa

Comincia l’“apertura”

Le lunghe e complesse manovre di apertura cominciano 33 minuti circa dopo il decollo. Il primo strumento a essere “dispiegato” è il pannello solare, grazie al quale il telescopio è in grado di generare da solo l’energia necessaria al suo funzionamento e di non dipendere dalla batteria. Dopo circa 12 ore, entrano in funzione tre motori (MCC-1a, MCC-1b e MCC-2) che servono a “correggere” in modo fine la traiettoria. Successivamente, viene attivata e messa in posizione la Gimbaled Antenna Assembly, strumento responsabile di far sì che l’antenna del James Webb Space Telescope punti sempre verso la Terra.

James Webb Space Telescope/Goddard Space Flight Center/Nasa

La schermatura solare

Arriva poi il turno dell’apertura della schermatura solare responsabile di proteggere il telescopio (o meglio, una parte di esso) dalla radiazione proveniente dal Sole, facendo sì che i quattro strumenti a bordo operino sempre a una temperatura di circa -233° C. È una fase complessa, che coinvolge molte parti meccaniche in movimento, e insieme al dispiegamento dei pannelli solari è uno degli step più importanti e delicati dell’intera missione.

James Webb Space Telescope/Goddard Space Flight Center/Nasa

L’apertura dello specchio secondario

Undici giorni dopo il decollo iniziano le operazioni di posizionamento della Secondary Mirror Support Structure (Smss), che consistono sostanzialmente nel dispiegamento di lunghi bracci che portano lo specchio secondario davanti a quello primario. Il compito dello specchio secondario è quello di riflettere la luce che colpisce lo specchio primario verso gli strumenti che si trovano dietro quest’ultimo. È un’operazione che si deve compiere (e si è compiuta) con la massima precisione: basti pensare che la massima tolleranza ammessa è di circa un millimetro e mezzo, un niente rispetto ai 7 metri dell’intera struttura. 

James Webb Space Telescope/Goddard Space Flight Center/Nasa

L’apertura dello specchio primario: il James Webb Space Telescope è pronto

Qui finiscono passato e presente e inizia il futuro. Il dispiegamento dello specchio primario è pianificato per il tredicesimo giorno dopo il decollo, ovvero venerdì 7 gennaio. Anche questa è un’operazione complessa, che coinvolge in totale 13 segmenti di specchio mossi tramite un motore. I tecnici stimano che, se tutto va bene, ci vorrà un giorno per completare il dispiegamento dello specchio. Da questo momento in poi, il James Webb Space Telescope è completamente “montato” e operativo: i cinque mesi successivi serviranno a raffreddarlo e a calibrare la strumentazione a bordo.

L’arrivo a L2

26 giorni dopo il decollo il James Webb Space Telescope dovrebbe arrivare nel punto lagrangiano L2. Una volta posizionatosi su un’orbita stabile, comincerà a raffreddarsi (sfruttando l’“ombra” generata dalla schermatura solare) e i tecnici a Terra procederanno all’allineamento delle ottiche, alla calibrazione degli strumenti e ai test di verifica del corretto funzionamento di tutte le apparecchiature.

Via: Wired.it

Credits immagine copertina: NASA GSFC/CIL/Adriana Manrique Gutierrez CC

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