Che cosa chiamiamo progresso della scienza

Un’opera ambiziosa, quella di Andrea Bernardoni e Marco Segala, entrambi docenti all’Università dell’Aquila: descrivere in modo sintetico cinque secoli di storia del pensiero, per capire di cosa parliamo quando parliamo di progresso. Nel loro progetto gli autori cercano sempre di mettere in evidenza come la conoscenza scientifica, nelle sue diverse sfaccettature disciplinari, sia sempre radicata nella quotidianità, nella cultura, nelle credenze e nelle possibilità tecnologiche caratteristiche di ogni momento storico, anche esso soggetto a continue dinamiche di trasformazione. I cambiamenti dei modi di vivere modificano coerentemente i modi di pensare, e allo stesso tempo le nuove acquisizioni del pensiero modificano, anche insensibilmente, la cultura di una certa epoca, le relazioni tra gli umani e il loro mondo. Il percorso, accidentato e continuo, di crescita dell’umanità, ha come conseguenza un accrescimento del sapere, attraverso scoperte, invenzioni e innovazioni che fanno evolvere il tessuto sociale e aprono nuove prospettive. Forse, dicono gli autori esplorando le diverse accezioni dell’idea di progresso, le nuove conoscenze non ci avvicinano alla verità sul mondo, ma certamente le applicazioni del sapere ci rendono più facile la vita.

Andrea Bernardoni, Marco Segala Storia della scienza. Dal Rinascimento al XX secolo Il Mulino. Le vie della civiltà 2024 pp.515, €29.00

Tra Newton e illustri sconosciuti

È quindi interessante notare nel corso della storia il contributo dei tanti che hanno attivato il processo di rinnovamento del pensiero. Nomi poco noti di uomini e donne si accompagnano a quelli famosi, come quelli di Leonardo, Newton, Galileo; e moltissimi altri studi non vengono neppure citati, eppure tutti formano nel loro insieme un substrato culturale e ideologico, costruito sui dati raccolti, su idee abbozzate, sui contributi più o meno significativi che pure hanno avuto un ruolo nel costruire il pensiero della loro epoca.

Il sapere nel tempo

Gli autori scandiscono nei secoli lo sviluppo dei diversi campi del sapere, quelle che oggi vengono chiamate discipline, notando anche come cultura dominante e pensiero religioso abbiano influito o ostacolato le nuove concezioni del mondo. Oggi lo studio di storia della scienza e della sua evoluzione nel tempo ci aiuta a non attualizzare il sapere antico, ricollocandolo nel suo tempo ed evitando così di attribuire a fatti, a ipotesi e a vicende passate i significati della nostra epoca “senza cogliere il senso e i valori che essi ebbero quando vennero proposte”. Per esempio, in Copernico cosmologia e astronomia erano discipline slegate, di carattere teologico filosofico, fortemente condizionate da concezioni radicate da secoli nell’ortodossia religiosa; secoli più tardi, ai tempi di Darwin, la teoria dell’evoluzione ha dovuto scontrarsi con analoghe, radicate concezioni, ostili alla possibilità di leggere i fatti in un modo nuovo e diverso da quello tradizionalmente accettato.

La nascita di un metodo

Una crisi nel rinnovamento del pensiero, secondo gli autori, nasce dalle esigenze di Cartesio e di Galileo, interessati a fondare un metodo scientifico basato sull’interpretazione matematica dei fenomeni naturali e sulla verifica sperimentale delle ipotesi proposte: i fenomeni possono così essere sviluppati con modalità controllate e quindi studiati in maniera approfondita. Gli esperimenti richiedono tuttavia attrezzature complesse e luoghi in cui possano essere discussi tra competenti. Le prime società scientifiche selezionano i loro membri e la filosofia naturale si comincia a differenziare in una varietà di discipline che definiscono i loro linguaggi, i loro metodi di ricerca, le loro procedure di validazione. Ancora aspetti filosofici e scientifici si intrecciano nel pensiero di Leibniz, ancora scienza, cosmogonia e studi biblici sostengono le elaborazioni matematiche di Newton, ma gradualmente gli scienziati diventano dei professionisti, separando i campi di ricerca, esplorando nuovi aspetti del sapere. Si affrontano i problemi della vita attraverso le prime indagini biologiche sul funzionamento del corpo umano e animale, si osservano trasformazioni chimiche e, dissociandosi dall‘alchimia, si pongono ipotesi sulla struttura della materia; accettando il sistema copernicano i cieli cominciano a essere popolati da pianeti più o meno lontani dal Sole, con i loro tempi di rotazione e i loro satelliti.

Accademie e Università

I tempi e gli spazi si dilatano: geologia, astronomia e astrofisica offrono le loro interpretazioni che spesso sconvolgono tradizioni e credenze. Al tempo stesso gli scienziati, spinti forse dal bisogno di confrontarsi tra competenti cominciano a riunirsi in Accademie con sedi ben connotate, per darsi una loro organizzazione sociale strutturata e gerarchizzata. Si apre la frattura ancora non sanata tra sapere scientifico e sapere comune, tra linguaggio formale e linguaggio di divulgazione; fare scienza diventa un mestiere da svolgersi in luogo adatto come un laboratorio, un osservatorio o uno studio; lo scienziato è un professionista che si guadagna uno stipendio con il suo lavoro, stimolato dalla ricerca di riconoscimenti onorifici o economici. Già nell’800 le Università assegnano cattedre ai docenti più prestigiosi, i professori universitari diventano Accademici di diritto, si valuta molto la loro produzione scientifica e poco la qualità del loro insegnamento. Si stabilizza una struttura gerarchica tra docenti e studenti, questi ultimi sempre meno autonomi e sempre più legati alla persona dei loro professori.

Tra Big Bang e IA

Le Università valorizzano i risultati di ricerca e questo porta a grandi progressi nelle conoscenze scientifiche: fisica, biologia, chimica, scienze della terra pur senza costruire cultura fornendo informazioni specifiche ai non scienziati, influenzano i modi di pensare e concorrono ad alterare profondamente concezioni e modi di vivere della gente “comune”. Agli inizi del ‘900, anche matematica e geometria modificano il loro approccio al sistema mondo: le geometrie non euclidee impongono nuove concezioni di spazio e aprono la strada alle moderne teorie fisiche e cosmologiche. Si parla di relatività, di Big Bang, di multiversi. Le dimensioni concettuali del nostro mondo si trasformano nelle narrazioni scientifiche della nascita dell‘Universo e della fuga delle galassie nello spazio, della struttura che lega nei nuclei le particelle sub atomiche, della possibilità di creare sostanze mai comparse sulla terra, di cambiare chimicamente la struttura genetica dei viventi, dell’intelligenza artificiale.

Cosa chiamiamo progresso

È progresso questo? Nell’ultimo capitolo gli autori riflettono sul senso del percorso umano che porta verso una organizzazione coerente di quello che ci sembra di sapere, considerandolo una necessità che scaturisce dall’ingegno e dalle opere degli uomini. Di conseguenza oggi le misurazioni sono sempre più accurate, le previsioni confermate, le spiegazioni sembrano convincenti, le macchine funzionano e rendono più comoda la vita. Forse questo è sufficiente, o forse no. L’idea di progresso è una idea filosofica, concludono gli autori, e richiede che si pensi al cammino del sapere come incerto e costellato di passi falsi, con applicazioni che possono avere conseguenze inaspettate, in positivo o in negativo. Il progresso ha le sue radici nella insoddisfazione, e spera che un sapere più avanzato permetta un futuro migliore, ma talvolta è accompagnato dal rimpianto per una felicità perduta, per una originaria sapienza dimenticata. Oggi la crescita della conoscenza non garantisce che il mondo futuro sia migliore di quello di oggi e forse abbiamo capito che non si può pensare di migliorare le condizioni di vita senza tenere in conto che esse vanno bilanciate con il mondo, le sue risorse e le altre specie viventi.

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