Bloccare i confini serve a ridurre la diffusione del coronavirus?

All’inizio della pandemia la strategia di chiudere le frontiere è risultata molto efficace nel ridurre la diffusione del coronavirus. Ma ora sembra non essere più così tanto utile. A raccontarlo a Nature, in un momento in cui l’Europa vuole chiudere i confini con il Regno Unito per impedire la diffusione della nuova variante del virus potenzialmente più contagiosa, sono stati alcuni esperti che, stimando l’effetto delle rigorose restrizioni ai viaggi internazionali dall’inizio della pandemia, sottolineano come le chiusure delle frontiere siano state utili nel primo periodo della pandemia ma, dopo che il coronavirus si è diffuso in molti altri paesi, abbiano fornito ben pochi benefici per limitarne la trasmissione.

Chiudere o non chiudere le frontiere

Ricordiamo che prima della pandemia da Covid-19, la maggior parte degli stati imponeva restrizioni ai viaggi e chiusure dei propri confini solamente per quei paesi in cui si concentravano focolai di malattie infettive. Ma, nella maggior parte dei casi, la comunità scientifica ipotizzava che misure simili fossero in gran parte inefficaci, tanto che all’inizio della pandemia l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), per esempio, aveva consigliato ai governi di mantenere i confini aperti.

Nonostante questa raccomandazione, quasi tutti i paesi hanno scelto di chiudere le frontiere non solo alle regioni con focolai, ma anche a tutte le altre nazioni, contribuendo così a un calo senza precedenti del turismo, che continua ancora oggi. “Non pensavamo che i governi di tutto il mondo sarebbero stati disposti a imporre la chiusura totale delle frontiere e le relative misure restrittive che sarebbero costate all’economia globale circa 400 miliardi di dollari al mese”, spiega a Nature Steven Hoffman, epidemiologo della York University di Toronto.

Gli effetti del blocco sul coronavirus

La maggior parte degli studi che hanno preso in esame gli effetti delle restrizioni ai viaggi si basano su modelli matematici teorici (dato che gli studi osservazionali richiedono molto più tempo). In una review pubblicata il mese scorso su medRxiv, per esempio, il team di ricercatori della Simon Fraser University di Vancouver, in Canada, ha esaminato ben 29 studi. “La pandemia ha dimostrato ai ricercatori che, in alcune situazioni, le restrizioni ai viaggi aiutano a tenere sotto controllo le epidemie”, commenta l’autrice dello studio Kelley Lee: “Prima l’opinione generale era che non funzionassero affatto e che minassero i diritti umani”. Tuttavia, aggiunge l’esperta, i benefici della chiusura dei confini sono stati di breve durata.

Inoltre, in altro studio, pubblicato questo mese sul Lancet, è stato stimato che, senza restrizioni, i viaggi internazionali a maggio scorso avrebbero contribuito all’aumento di oltre il 10% dei casi totali di coronavirus in 102 paesi nello stesso mese. Mentre a settembre l’effetto positivo della chiusura dei confini è diminuito in modo significativo. Risultati, quindi che suggeriscono come le chiusure dei confini non siano sempre giustificate, ma debbano essere analizzate di volta in volta.

“I paesi non dovrebbero automaticamente decidere che, solo perché c’è una pandemia, devono essere limitati i viaggi”, afferma l’autore dello studio Mark Jit, ricercatore alla London School of Hygiene & Tropical Medicine. Ora, precisano i ricercatori, saranno necessari studi osservazionali per poter valutare effettivamente l’utilità di chiudere completamente i confini di una nazione. “Ci sono buone probabilità che molto di quello che stiamo facendo stia causando più danni che benefici”, conclude Hoffman.

Via: Wired.it

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Credits immagine di copertina: Ellen Jenni / Unsplash

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