Ai matrimoni tutti sorridono, almeno su YouTube

Gli angoli della bocca si sollevano, le labbra si stendono e, automaticamente, ogni singolo muscolo del nostro viso si contrae. È il modo in cui sorridiamo e in cui sorridono tutte le persone del pianeta. E così, anche quando siamo imbronciati, il modo in cui lo facciamo è comune in tutto il mondo. E sorridiamo e ci imbronciamo più o meno per gli stessi motivi in giro per il mondo. A raccontarlo è un nuovo studio appena pubblicato sulla rivista Nature, che dimostra che in diversi contesti sociali, come per esempio durante un matrimonio o un funerale, i nostri visi assumono espressioni molto simili, a tal punto che si potrebbero definire universali

Le sfumature delle emozioni umane

Nel nuovo lavoro, i ricercatori della University of California, a Berkeley, parlano proprio di una similitudine nel modo e nei contesti in cui le persone si esprimono, e che i risultati saranno importanti per comprendere meglio le origini, funzioni e (l’eventuale) universalità delle emozioni. Ma comprendere il grado con cui le espressioni facciali possono variare in situazioni diverse e in culture differenti è fondamentale per capire come le emozioni ci permettono di attuare risposte di adattamento.

Infatti, si legge nello studio, le emozioni sono frutto di come valutiamo gli ostacoli e le opportunità che incontriamo e sono associate a modelli di esperienza soggettiva, fisiologica e di espressione. Le emozioni fondamentali sono ufficialmente 6: felicità, tristezza, rabbia, sorpresa, paura e disgusto. Tuttavia, stando a uno studio, pubblicato alcuni anni fa su Pnas, le categorie delle emozioni umane aumenterebbero salendo a quota 27, con innumerevoli sfumature tra una e l’altra, come disagio, calma, confusione, ammirazione, desiderio e tante altre.

L’universalità delle espressioni

Finora, studiare le espressioni facciali in relazione ai contesti sociali è stato piuttosto complesso, sia per campioni di studio troppo piccoli sia per problematiche linguistiche. Va da sé, quindi, che prove concrete per questo rapporto sono ancora oggi piuttosto scarse e discordanti. Per questo, nel nuovo studio i ricercatori hanno chiesto aiuto a una rete neurale profonda (Dnn o Deep neural network), un tipo di apprendimento automatico che è stato allenato a valutare un’ampia gamma di espressioni facciali associate a distinte categorie di emozioni, e a verificare se contesti sociali, come matrimoni e competizioni sportive, sono collegate a specifiche espressioni facciali nelle diverse culture (in inglese: ovvero categorizzando le diverse espressioni secondo le emozioni in lingua inglese). La rete ha quindi imparato a raggruppare modelli simili come espressioni specifiche (come il sorriso) e ha valutato migliaia di contesti differenti in 6 milioni di video pubblicati su YouTube e provenienti da 144 paesi, raggruppati in 12 regioni.

Ai matrimoni tutti sorridono: espressioni simili in contesti simili

Dalle analisi è emerso che mimiche facciali simili spesso si verificano in contesti quasi uguali in tutto il mondo. Ad esempio, le espressioni etichettate dai ricercatori con “stupore”, “contentezza” e “gioia” sono state associate principalmente a matrimoni ed eventi sportivi in diverse culture. Inoltre, dallo studio è emerso che ogni tipo di espressione facciale aveva associazioni diverse con una serie di contesti che sono state preservate al 70% in tutte le 12 regioni esaminate, suggerendo quindi una marcata universalità.

In un commento pubblicato a corredo dello studio, Lisa Feldman Barrett, psicologa alla Northeastern University, ha osservato che i ricercatori sono riusciti a identificare le associazioni tra espressioni facciali e situazioni sociali in contesti più naturali rispetto agli studi svolti in passato. Tuttavia, commenta l’esperta, servirà ancora molta ricerca, che dovrebbe però comprendere gruppi culturali più diversificati per addestrare il Dnn ed evitare di dipendere esclusivamente da modelli di lingua inglese sulle espressioni. Perché anche come chiamiamo le espressioni conta.

Riferimenti: Nature

Credits immagine di copertina: Genessa Panainte on Unsplash

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