L’adolescenza è un periodo complesso, delicato, che a volte mette in crisi non solo chi l’attraversa direttamente ma anche la famiglia di colui o colei chela sta vivendo in prima persona. La ribellione verso le regole della famiglia come a quelle del sistema sociale al quale l’adolescente è chiamato rispondere, la grande voglia di sentirsi unici ma al contempo uguali ai pari e fra i pari, la ricerca della propria identità, la determinazione ad affermare la propria autonomia, portano i ragazzi e le ragazze a sfidare l’autorità, a sperimentazione i propri limiti. Si tratta di una fase spesso inevitabile ed anche fondamentale affinché il figlio / la figlia si emancipino dalla propria famiglia in via definitiva. Ma è normale che gli adolescenti siano ribelli? E soprattutto, è davvero un male o ci sono aspetti positivi che, in fondo, rendono questa fase cruciale nello sviluppo personale?
In questo articolo, cercheremo di esplorare le ragioni alla base della ribellione adolescenziale e perché questo comportamento adolescenziale che spesso mette in crisi il rapporto genitori-figli, prima di quel momento con contorni quasi idilliaci in alcuni casi, può essere vista come una tappa fondamentale per la crescita e lo faremo con il supporto professionale della psicologa dottoressa Clara Lapi.
La ribellione negli adolescenti è funzionali alla crescita?
È questo il cruccio di molti genitori, la domanda che le mamme si pongono quando vedono il proprio figlio prendere strade mai battute prima, mettendo in crisi tutto l’assetto educativo impiantato con cura e fatica dai primissimi vagiti. La domanda dei papà, quando vedono le figlie lontane da quelle principessine che si facevano coccolare sino al giorno prima. La ribellione anche verso chi più li ama è un passaggio funzionale alla crescita? È una transizione necessaria ma sicura che ci riporterà i figli e le figlie come erano prima?
Certo, bisogna ammetterlo, sono domande che ci poniamo oggi. Fino a qualche generazione dietro i figli e le figlie crescevano, gli adolescenti si responsabilizzavano, senza che i genitori vegliassero su di doloro. Non esistevano mamme o papà elicottero, iperprotettivi, e si diventava adulti forse un po’ prima di oggi. La società è cambiata radicalmente ed in un lasso di tempo rapidissimo e ciò mci mette in crisi ogni qualvolta non troviamo risposte a nuove domande.
Ed allora, di fronte ad una fase così delicata come l’adolescenza le preoccupazioni sono tante, e sono accompagnate da nuove ansie per molte mamme e papà. Cerchiamo dunque di dare una risposta al dubbio principale, con le parole della dottoressa Clara Lapi.
La ribellione negli adolescenti è funzionali alla crescita?
“Culturalmente l’adolescenza rappresenta un’età di passaggio, il prototipo della crisi personale che ognuno prima o poi si trova ad affrontare. Vivere questa fase di vita è fondamentale poiché fornisce la possibilità di strutturare il modello di come si affronteranno in futuro altri cambiamenti, crisi e momenti di passaggio. Questo compito per il ragazzo, e per chi gli sta vicino, sarà fonte di fatica e difficoltà, ma al contempo costituirà una grande opportunità, fornendo gli strumenti per affrontare le difficoltà future della vita.
I cambiamenti tipici di questa fase della vita avvengono principalmente a livello fisico (con lo sviluppo corporeo e sessuale primo fra tutti), a livello cerebrale e psicologico, emotivo e relazionale.
Tutte queste aree sono interconnesse tra loro e predispongono anche alla comparsa di quattro caratteristiche tipiche dell’adolescenza:
- la ricerca di novità:
- un maggiore coinvolgimento sociale;
- maggiore intensità emotiva;
- nuove capacità di pensiero.”.
Le 4 peculiarità dell’adolescenza
Analizziamo in modo più profondo le caratteristiche che si palesano nel comportamento adolescenziale e che possono portare alla ribellione che tanto ci preoccupa.
“La ricerca di novità emergerebbe da una maggiore spinta esperita dal ragazzo alla ricerca di gratificazioni immediate e porterebbe di conseguenza a cercare di vivere nuove esperienze. Questa predisposizione, se da una parte fornisce all’adolescente la spinta alla curiosità e alle novità, dall’altra potrebbe costituire, se esasperata, un fattore di rischio, portando a comportamenti pericolosi e a non valutare le conseguenze negative delle proprie azioni, dando maggiore rilievo al soddisfacimento della sensazione di novità e curiosità.
Un maggiore coinvolgimento sociale, è quell’intensificarsi dei legami con i pari a discapito delle relazioni di supporto esclusivamente vissute solo con i familiari nell’infanzia, che in alcuni casi spinge ad uniformarsi al nuovo sistema ed alle sue nuove regole.
Una maggiore intensità emotiva, invece, può portare a maggiore impulsività e sbalzi di umore, non si tratta di per sé di un male o di un bene ma certamente espone gli / le adolescenti d una maggiore sensibilità generale.
Infine, nuove capacità di pensiero, astratto e riflessivo, permettono di auto-osservarsi e fare inferenze sul proprio sé e sugli altri”.
È anche per queste tipicità che connotano tale fase che ormai si dibattete su quanto sia necessario rivedere la normativa sull’accesso ai social e agli smartphone, rimandano anche ai 16 anni la creazione di un proprio account. La grande sensibilità degli adolescenti, la voglia di capire ed oltrepassare i propri limiti, la grande curiosità e la voglia di una gratificazione immediata, spesso, grazie/ a causa dei social, prende contorni pericolosi per se stessi e per gli altri.
Adolescente: la ribellione verso la famiglia
Le parole della dottoressa sono state estremamente chiare, permettendoci di capire immediatamente che la ribellione, in linea teorica, senza riferimenti a fattispecie particolari, permette ai ragazzi/ragazze di fare pratica con strumenti necessari in futuro, per affrontare la vita. Dunque, tale ribellione è davvero importante che si viva pienamente durante l’adolescenza senza che venga rimandata.
“Fatta questa premessa, il rapporto con la famiglia d’origine in adolescenza subirà inevitabilmente turbolenze e cambiamenti. Di fatti, se in infanzia i genitori erano chiamati in causa con richieste di accudimento e vicinanza, nell’adolescenza la spinta è verso l’allontanamento per la conquista di indipendenza e autonomia. La conquista di emancipazione e l’allontanamento è funzionale alla ricerca e alla costruzione di un senso di sé autonomo e unico per la formazione della propria personalità. A questo punto, compito della famiglia non è più soltanto quello di accudire ma piuttosto quello di contenere questa spinta sempre più pulsante alla diversificazione, compito dei genitori è dare spazio e costruire le necessarie “sponde” quando il ragazzo si troverà confuso, perso e disorientato durante questo faticoso processo di costruzione e cambiamento, e porsi sempre come “palestra” dove sperimentare i propri comportamenti e le proprie emozioni durante le continue discussioni e rappacificazioni.
È proprio in questa cornice che allora riusciamo meglio a comprendere il significato di alcuni comportamenti oppositivi e provocatori messi in atto dai ragazzi adolescenti nei confronti dei propri genitori. Nella fase adolescenziale, sentimenti come l’agonismo e la voglia di rivendicare la propria posizione e il proprio potere all’interno del nucleo familiare, sono sempre più frequenti, e risultano funzionali al processo di svincolo affettivo. Le emozioni che regolano tali cambiamenti (tipicamente la rabbia), permettono all’adolescente di emanciparsi dall’immagine genitoriale, mettere in discussione le proprie figure di riferimento e pian piano arrivare a costruirsi un proprio sistema valoriale, riordinare sentimenti e pensieri in modo sempre più indipendente”.
Adolescenti ribelli:. quando preoccuparsi
Arrivati a questo punto, se da un lato abbiamo compreso l’importanza di sostenere con determinazione questa fase, comprendendo il valore per la crescita dei nostri adolescenti, dall’altro rimane un grande dubbio: la ribellione degli adolescenti non deve mai preoccuparci? O ci sono campanelli d’allarme, comportamenti da attenzionare, da non trascurare, che magari meritano anche il coinvolgimento di un/una professionista.
Lasciamo la conclusione dalla dottoressa Lapi.
“Fino a quando una crisi è da ritenersi sana? Sappiamo che comportamenti oppositivi nei confronti dei genitori e rischiosi sono più frequenti in questa speciale fase di vita, ma solo occasionalmente la violazione delle norme sociali rientra in quelli che possono essere comportamenti accettabili all’interno di questa fase. Altrimenti, quando tali comportamenti diventano ripetuti e continuativi il rischio è quello di incorrere in patologia della condotta.
Il più delle volte, il fine di tali condotte è quello di confrontarsi con i limiti imposti dalla famiglia, la scuola e la società, mettendo alla prova sé stessi e sfidando il mondo degli adulti. Mettere alla prova sé stessi significa confrontarsi con la propria autonomia, della quale, tramite prove ed errori, si cerca di individuarne limiti e potenzialità, tanto da arrivare talvolta ad una distorsione del concetto di rischio, sconfinando nell’onnipotenza adolescenziale e nella minimizzazione del pericolo. È proprio in questi casi che l’adulto servirà da “sponda”, ponendosi come contenitore della spinta all’esplorazione creativa tipica di questa fase, ricordando limiti e pericoli concreti, data l’inesperienza dei ragazzi nel tarare da una parte le proprie risorse e dall’altra i livelli di difficolta.
Per quanto riguarda gli adulti di riferimento, siano questi genitori, insegnanti, allenatori e così via, sono sottoposti spesso a test di coerenza e resistenza da parte dei ragazzi. Le emozioni che emergono dall’avere a che fare con i propri figli, durante questa fase, sono spesso di paura, rabbia, sconforto, insofferenza ecc. Compito dei genitori soprattutto è rendersi consapevoli delle proprie emozioni in primis e successivamente gestirle, offrendo il loro contenimento in modo resistente e deciso ma allo stesso tempo amorevole, capace di dare senso alle innumerevoli battute d’arresto che ci saranno, trasmettendo fiducia nelle capacità del ragazzo, non giudizio e accoglienza.
In conclusione, i comportamenti trasgressivi che si verificano in questa fase di vita (esclusi quelli che arrecano danno ad altri o a sé stessi) sono indice di forte sofferenza e patologia quando la frequenza con la quale si manifestano si esaspera rendendoli intollerabili non solo alla famiglia ma anche al contesto sociale di riferimento.
Attenzione anche all’essenza di crisi perché, anche in questo caso, siamo di fronte a un segnale d’allarme piuttosto che di benessere: poiché, come già detto, adolescenza è sinonimo di cambiamento, e non vivere nessun turbamento di fronte a nuove richieste di adattamento all’ambiente non costituisce una fortuna ma bensì, forse, l’incapacità di vivere la propria adolescenza. Compito del genitore è per cui anche monitorare la frequenza e l’irrigidirsi di talune condotte, siano queste interiorizzanti che esternalizzanti, avendo in mente e valutando ciò che è ancora nella norma o ciò che secondo loro sta sconfinando verso la sofferenza acuta e la patologia. Questo è forse il momento adatto in cui chiedere un consulto ad un professionista, ricordando di dare credito e valenza al proprio sentire di genitori, i maggiori conoscitori dei propri figli”.